2020, Trieste: Tengono ro-ro e container – In forte sofferenza le rinfuse solide (-70%)

TMT Trieste

TRIESTE – I traffici del porto di Trieste nel 2020 colpiti solo marginalmente dalla pandemia. I settori fondamentali per il porto, quali ro-ro e i container, hanno mostrato di resistere all’impatto del Covid che ha invece coinvolto i traffici internazionali. Molo VII, il Terminal container Trieste Marine Terminal (TMT) non ha particolarmente sofferto la carenza di container vuoti e equipment grazie ad un sostenuto flusso di container in importazione e un rapido turn-around supportato dalla rete ferroviaria.

Segnali di forte sofferenza invece per i settori: rinfuse liquide (-13%) ma soprattutto per le rinfuse solide (-70%) causato dal calo generalizzato dei prodotti metallurgici, minerali e del carbone, in seguito alla chiusura dell’impianto siderurgico triestino della Ferriera di Servola.

Vediamo nel dettaglio:

Pertanto il comparto più dinamico è stato il Ro-RO con una crescita del 7% sul 2019, grazie al consolidamento dei risultati positivi dell’ultimo trimestre del 2020 toccando le 243.500 unità transitate. E nel singolo mese di dicembre, vira ulteriormente al rialzo, registrando un aumento a doppia cifra (+25%).

La flessione dei contenitori è stata del -2% con 776.000 TEU  movimentati riconducibile al decremento del traffico TEU sui traghetti Ro-Ro da/per la Turchia e non a quello di lunga percorrenza con il Far East.

Il terminal container Molo VII, Trieste Marine Terminal con 692.800 TEU, ha retto molto bene la crisi,  grazie ad una riduzione dei tempi di lavorazione e alla presenza della rete ferroviaria. Il terminal si è pertanto attestato sui valori raggiunti nel 2019, senza riportare alcuna perdita. In proposito l’imprenditore Antonio Maneschi, presidente del grupo TO Delta di cui TMT è parte – nei giorni scorsi aveva dichiarato: “Il dibattito in corso sulla disponibilità di vuoti in Europa rispecchia un reale problema del mercato. È un dato di fatto come negli ultimi mesi gli esportatori europei stiano fronteggiando una situazione critica, lottando per i vuoti e siano costretti, spesso, a ripianificare le loro spedizioni oltremare.” –ha spiegato Maneschi – “In questo scenario complesso possiamo però dire che, a Trieste, la situazione complessiva in relazione a questo problema non risulta affatto drammatica. Al contrario, infatti, grazie ad un sostenuto flusso di container in importazione caratterizzato da un rapido turn-around, supportato peraltro da un’efficiente rete ferroviaria a disposizione, la disponibilità dei container vuoti a Trieste non sta mostrando segni di sofferenza, a differenza di quanto invece accade in altri porti e aree d’Europa.”

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Per la movimentazione complessiva del porto, sono stati superati i 54 milioni di tonnellate di merce, -13% annuale, con un calo di 8 milioni di tonnellate in meno rispetto all’anno precedente. La contrazione è da ascriversi alla performance negativa delle rinfuse liquide (-13%) con 37.570.000 tonnellate movimentate, corrispondente a circa il 73% del calo dei volumi totali.

Fortemente colpito il segmento delle rinfuse solide (-70%), mentre decisamente più moderato l’arretramento delle merci varie (-5% ), che nel mese di dicembre, in controtendenza, tornano a crescere (+3%). Se da un lato i valori delle merci varie e soprattutto delle rinfuse liquide, a cominciare dal petrolio, sono dovuti al crollo della domanda iniziata con il Covid, per le rinfuse solide il risultato è causato dal calo generalizzato dei prodotti metallurgici, minerali e del carbone, in seguito alla chiusura dell’impianto siderurgico triestino della Ferriera di Servola.
Per quanto riguarda la movimentazione ferroviaria, nel 2020 lo scalo giuliano ha operato 8.000 treni (-17%). Anche in questo caso non ha pesato la pandemia, ma il ridimensionamento della lavorazione dei treni alla Siderurgica Triestina. Senza di questi, la perdita complessiva del traffico ferroviario nel comprensorio portuale, sarebbe stata assai più contenuta (-8%).

“Nonostante la congiuntura, i dati ci restituiscono un’idea di un porto in salute e la curva di traffico si è un po’ rialzata a fine anno per alcuni settori, ma bisognerà attendere ancora, per tornare ai numeri dalla fase pre-Covid”, commenta Zeno D’Agostino. “Se misuriamo il sistema sul valore prodotto per il territorio e non solo sui numeri statistici, va rilevato che quest’anno il porto ha fatto passi da gigante. Non solo ha continuato a lavorare durante il lock down, ma ha visto grandi trasformazioni e nuovi investimenti internazionali”.
Porto di Monfalcone
La movimentazione complessiva del porto di Monfalcone è stata pari a 2.900.000 tonnellate di merce, in flessione del -28% rispetto al 2019. Il settore delle rinfuse solide ha registrato un arretramento del -31% con 2.030.000 tonnellate, mentre le merci varie hanno perso il 20% .
Nello specifico, ad incidere sull’andamento negativo di Portorosega è stato principalmente il calo del carbone (-95%) con 22.000 tonnellate. I prodotti metallurgici che rappresentano la prima tipologia merceologica per peso con il 63% del traffico complessivo del porto isontino, riportano una perdita del 21%, mentre la cellulosa, secondo settore dello scalo per peso, si attesta sulle 710.00 tonnellate manipolate (-9%).

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Pure il traffico di autovetture gestito dalla Cetal, società controllata dal Gruppo Grimaldi, riporta un saldo negativo (-40%) con 86.200 unità transitate, ripartite fra autoveicoli ed autovetture delle più note case automobilistiche, con una media mensile di più di 7.000 mezzi trasportati su 5 collegamenti mensili medi con Grecia, Israele e Turchia. Anche in questo caso ha pesato la crisi globale della filiera automobilistica dovuta alla pandemia.

 

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