Sergio Bologna: “La prima infrastruttura di un porto è il lavoro”

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C’è un’enorme posta in gioco: un nuovo ordine mondiale, è  l’analisi del professore Sergio Bologna, per AIOM  – Agenzia Imprenditoriale Operatori Marittimi, il think tank con sede a Trieste diretto dallo stesso Bologna.

“Gli anni a venire ci diranno se il 2022 è da iscrivere nei periodi in cui la storia del mondo subisce una svolta” – scrive il professore Bologna – “Certo è che la guerra in Ucraina ha messo allo scoperto la drammaticità degli scontri geopolitici sul pianeta e l’enormità della posta in gioco: un nuovo ordine mondiale. Dal nostro osservatorio, shipping e logistica, abbiamo la sensazione di essere seduti nelle prime file e di veder bene come stanno le cose e come possono evolversi.

Metterei al primo posto, tuttavia, il ripetersi di eventi atmosferici estremi, per ricordare che la cosiddetta “crisi climatica” ha imboccato una strada senza ritorno. Questo ci fa guardare con molto scetticismo la “svolta energetica” e i suoi profeti, a maggior ragione se essa dipende da interessi geopolitici ed economici assai più che dalla buona volontà degli uomini. È sul mare, sui mari, che si concentrano gli interessi delle rinnovabili e dei giacimenti di gas e di petrolio. È sul fondo dei mari che passano le nervature delle connessioni digitali. Immaginiamo un attentato tipo North Stream alle reti sottomarine che governano il web, immaginiamo un black out di Internet e ci troviamo con un’umanità che vaga senza meta. La realtà ha sempre superato la fantasia degli autori di fantascienza.

Le disruption delle catene logistiche causate in rapida successione dalla pandemia e dal conflitto in Ucraina ci hanno rivelato la fragilità della globalizzazione. Interi settori industriali possono bloccarsi se manca un componente strategico. La congestione dei porti, ci dicono, sta tornando alla normalità e anche il livello dei noli ma l’industria europea comincia solo adesso a cambiare le sue reti di fornitura. Ci rendiamo conto di cosa significa e di che conseguenze avrà nel futuro?

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La logistica è nata per ridurre al minimo le scorte. Avremo la logistica dei magazzini pieni e dei canali duali? Un’inchiesta presso un migliaio di medie imprese tedesche (dove per “medie” s’intende quelle al di sotto dei 500 dipendenti) ha messo in luce l’enorme importanza del mercato asiatico della subfornitura (Cina, Sudest asiatico, Taiwan, Corea del Sud)

1) Un terzo di queste imprese dice di stare cambiando la rete di fornitori, un altro terzo si prepara a farlo. Probabilmente sposteranno le forniture nella Mittel- Osteuropa, in Turchia, forse nel Maghreb. Questo avrà effetti dirompenti sul mercato del lavoro – anche se l’inflazione dovesse mantenersi su livelli accettabili – se teniamo conto del drammatico labour shortage che affligge ormai tutti i settori. La “questione salariale” dovrà tornare in primo piano e non si potrà continuare a bypassarla parlando solo di costo del lavoro.

Un’indagine di Confindustria Brescia e Intesa San Paolo sulle imprese del settore automotive, dove, com’è noto, l’Italia vanta dei casi di eccellenza, fornitori tier 1 delle grandi case mondiali, ha messo in luce le incertezze, soprattutto delle imprese maggiori, sul futuro della transizione energetica verso l’elettrico, in particolare per quelle specializzate sull’apparato motore. Ma al tempo stesso ha evidenziato tutta una serie di nuove prospettive che rendono urgente la diversificazione e richiedono forti investimenti.

2) Si apriranno quindi nuove opportunità, partendo dalla questione delle competenze, soggette ora a un pericoloso processo di svalorizzazione.

Avremo, si spera, meno ciarlatani della sostenibilità e più imprenditori innovativi, socialmente innovativi, non solo tecnologicamente. Troveranno nuovi modelli di business nelle relazioni sociali, e non – come oggi accade in tanti settori dei servizi o nell’e-commerce – in sistemi organizzativi che si reggono su condizioni lavorative al limite della schiavitù.

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È inconcepibile che nelle migliaia di pubblicazioni tecnico-economiche in circolazione si parli quasi solo d’impresa e assai raramente di lavoro, come se il secondo non fosse condizione della prima. Noi continueremo a farlo, ricordando quello che una volta disse il Presidente del nostro porto, oggi Presidente dell’ESPO: “la prima infrastruttura di un porto è il lavoro”. E continueremo a farlo per controbilanciare le narrazioni sui “massimi sistemi”, che gli specialisti dello scontro geopolitico in atto ci propongono”.

Conclude il professore Bologna: “Troppa “geopolitica” rischia di finire nell’astrattezza o ai limiti del videogioco. È necessario riportare il discorso “alla nostra altezza”, consapevoli della nostra impotenza. Dovremo navigare in un mare in tempesta, ricordandoci che sulla barca ci siamo tutti, lavoratori e imprese”.

 

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