Pur senza feriti, l’impatto mediatico della nave che il 2 giugno 2019 travolge il piccolo molo, si sparge come un incendio rimbalzando nei media di tutto il mondo.
Nel mezzo solo chiacchiere, troppa politica (in perenne campagna elettorale) e poche soluzioni concrete, il tutto a scapito dei 5.000 lavoratori del porto crociere di Venezia.
Laura Colognesi
VENEZIA – Dovranno rispondere di pericolo di naufragio gli otto indagati per lo schianto avvenuto alle 8.27 del 2 giugno 2019 di Msc Opera (65 mila tonnellate di peso, lunghezza 275 metri, altezza 32 metri, 2.796 passeggeri, 728 membri equipaggio) contro il River Countess, battello fluviale ormeggiato nella banchina di San Basilio, alle Fondamenta delle Zattere a Venezia, su cui stavano terminando le operazioni di sbarco dei 130 passeggeri. Nessun ferito grave (solo 4 lievi), è questa la notizia più rilevante, ma una tragedia sfiorata.
Prima o poi sarebbe dovuto succedere. Anni di decisioni mai prese nonostante il Decreto Clini-Passera del 2 marzo 2012 che vietò “il transito nel Bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca delle navi superiori alle 40.000 tonnellate di stazza lorda”.
Nel mezzo solo chiacchiere, troppa politica (in perenne campagna elettorale) e poche soluzioni concrete, il tutto a scapito dei 5.000 lavoratori del porto crociere di Venezia. Ironia della sorte l’incidente, prevedibile visto le peculiarità lagunari e le lunghe traversie giuridiche, ha risvegliato Venezia proprio nel giorno in cui da più di mille anni celebra l’Ascensione (il giorno della Sensa), lo Sposalizio del Mare a ricordo della conquista della Dalmazia delle navi veneziane capeggiate dal Doge Pietro Orseolo II nel 1999. “L’impatto dovuto ad un guasto ignorato all’alimentazione dei controlli di direzione ed eliche (propulsori azimutali) e all’alta velocità” e all’”imperizia del comandante” sono le conclusioni della consulenza tecnica (articolo 1123 Codice Navigazione – Danneggiamento con pericolo colposo di naufragio o di disastro aviatorio) affidata ai sostituti procuratori Andrea Petroni e Giorgio Gava che apre la porta alla richiesta di rinvio a giudizio di otto dipendenti di Msc Crociere.
LA RICOSTRUZIONE DEI PERITI
Secondo le ricostruzioni dei consulenti, alle 7.26 del 2 giugno 2019, Msc Opera, di ritorno da un itinerario nel Mediterraneo, fuori dalla bocca di porto del Lido vede sui monitor della plancia di comando l’allarme, ignorato dal capo elettricista, dal 1° ufficiale di macchina e dal direttore di macchina, di un’avaria ad un modulo del quadro elettrico che alimenta la timoneria dalla plancia e il controllo dei giri dell’elica.
Una “sottovalutazione dell’allarme” dilungatasi per un’ora, in cui l’alimentazione della timoneria della plancia è stata garantita non dalla rete principale ma dalle batterie del gruppo di continuità autonomo. La velocità oltre i limiti consentiti in quel tratto lagunare (8 nodi tra il Lido e Forte Sant’Andrea e 6 nodi fra il Forte Sant’Andrea e San Basilio), alcune manovre inesatte e “la tardiva ed errata” attivazione delle procedure d’emergenza hanno compromesso la rotta della nave, divenuta a quel punto “ingovernabile con timone inutilizzabile e sistemi di propulsione ordinari fuori uso” come riporta il quotidiano Il Gazzettino. Assolti i piloti, inizialmente sotto accusa, dei rimorchiatori Angelina C. e Ivonne C. (che trainavano la nave al momento dell’impatto) e gli ufficiali del porto.
“Un guasto tecnico risalente alla costruzione di Msc Opera (a St. Nazaire, Francia, da Chantiers de l’Atlantique e varata nel 2004, ndr)” è l’ipotesi contenuta nel memoriale depositato dalla compagnia crocieristica Msc Crociere, a capitale privato con sede a Ginevra e sedi operative in Italia a Napoli, Genova e Venezia, fondata nel 1989 dall’armatore campano Gianluigi Aponte, 2,5 miliardi di euro di fatturato nel 2019, e costituita da 17 navi con 47.000 dipendenti in tutto il mondo, con un Piano Industriale – slittato solo di qualche mese causa Covid-19 – di 11,6 miliardi di euro che vedrà la flotta espandersi a 25 grandi navi nel 2027.
Msc Crociere riconosce che “l’avaria c’era ma che l’allarme non è apparso sui monitor dando così al personale un tempo limitatissimo di intervenire”.
DANNO D’IMMAGINE E DANNO ECONOMICO
Pur senza feriti, l’impatto mediatico della nave che travolge il piccolo molo in una domenica come tante altre, si sparge come un incendio rimbalzando nei media di tutto il mondo. La città più fotografata ma al contempo più fragile travolta da incuria e business a tutti i costi. Gli stessi veneziani divisi dal desiderio della salvaguardia di un ecosistema millenario unico al mondo ma anche dalla consapevolezza che il ‘porto è vita’ e che ‘senza crociere il porto muore‘ come sottolineato lo scorso 28 agosto dai lavoratori portuali che sono scesi in acqua, davanti a Punta della Dogana, per chiedere “soluzioni subito per Venezia, alle prese con una crisi post-Covid disastrosa, per continuare ad essere home port delle compagnie crocieristiche”. Una convivenza complicata, su cui si tergiversa da troppo tempo.
Nella città lagunare, secondo scalo crocierstico italiano dopo Civitavecchia, l’economia del mare genera il 20% del Pil cittadino, con un impatto economico annuo di 400 milioni e 5.000 lavoratori diretti occupati in 1260 imprese. Nel 2018, secondo i dati del Venezia Terminal Passeggeri, sono entrate in laguna 502 navi da crociera, circa una e mezza al giorno. Ogni anno la spesa diretta di passeggeri, equipaggi e navi raggiunge i 155 milioni di euro, con una spesa media giornaliera di 426.000 euro. L’impatto economico del Sistema Portuale Veneto (porti di Venezia e Chioggia) vale complessivamente 21 miliardi con oltre 92 mila occupati. Nel frattempo i top players internazionali (Msc Crociere, Costa Crociere e Royal Caribbean) hanno dirottato le navi a Trieste (con quote societarie nel Terminal Passeggeri) almeno fino alla primavera 2021.
PER IL 2020 PIU’ NESSUNA NAVE DA CROCIERA
E Venezia? Nessuna nave da crociera attraccherà fino a fine 2020. “In medio stat virtus” dicevano i latini. “La soluzione sta nel mezzo”, ed è già stata individuata. Dirottare l’industria crocieristica a Marghera è l’obiettivo dei carotaggi (prelevamento di campioni di roccia, detti carote, dal sottosuolo), iniziati a luglio, per i fanghi nel Canale Vittorio Emanuele che dal canale dei Petroli porta alla Marittima, scelto dal Ministero dei Trasporti come alternativa per il passaggio delle navi al bacino di San Marco e al canale della Giudecca. Ad ottobre partiranno i lavori per liberare dai fanghi i canali portuali (49 milioni subito disponibili) e riportarli alla profondità di 11,5 metri, indispensabile per il passaggio delle navi di grande stazza. Meglio tardi che mai. Il Mose, ormai pronto, dovrà garantire l’accesso alle grandi navi.
DE MICHELI, LA DECISIONE DEFINITIVA A OTTOBRE?
Sul futuro delle navi da crociera a Venezia “ad ottobre avremo la possibilità di fare gli approfondimenti necessari, per poi arrivare al Comitatone a prendere la decisione definitiva” ha dichiarato il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli al termine della riunione tecnica al Provveditorato alle opere pubbliche di Venezia lo scorso 5 settembre. Speriamo sia la volta buona.