ANALISI: L’Italia ha detto addio al gas «ora ipocritamente vuole aumentare la produzione»

Ombrina Mare2

Parla Ferdinando Cazzini, professore di geologia degli idrocarburi: «Punto dolente, la produzione di gas in Italia nel 2021 è stata pari a solamente 3,5 miliardi di metri cubi. A fronte dei 21 miliardi di mc che il Paese produceva nel 1994». Cause e responsabilità.

Lucia Nappi

NAPOLI – Quale è esattamente il potenziale del gas naturale nel Mediterraneo? Quali le potenzialità del nostro Paese per la produzione, ma anche come hub di raccolta. A questi ed altri interrogativi ha risposto Ferdinando Franco Cazzini, professore di Geologia degli Idrocarburi presso l’Università degli Studi di Pavia, relatore del convegno “Over & Under the Sea Forum” nell’ambito della Shipping Week – Port&Shipping Tech, a Napoli. Sul tema Cazzini, interviene anche margine della conferenza con Corriere marittimo, analizzando  le cause dell’assenza di investimenti nel settore e le responsabilità dello Stato.

L’Italia potenziale hub di raccolta per l’Europa

«Nel passato l’hub di distribuzione principale del metano, per la politica tedesca di Schröder e della Merkel, era diventato il Nord Europa, la Germania e l’Olanda. Di fatto con il cambiamento avvenuto con la guerra russo-ucraina, il gas russo andrà, se non a morire, molto a diminuire» – spiega il professor Cazzini  – «Oggi l’Italia nella sua centralità del Mediterraneo potrebbe o, è già diventata di fatto, il nuovo hub di raccolta del metano per tutta l’Europa: «Il nostro Paese riceve il metano da tre gasdotti differenti e da tre diversi Paesi: Algeria, Libia e Azerbaigian, inoltre a breve potrà disporre di 5-6 rigassificatori, quindi tutti i diritti di passaggio del gas potrebbero diventare italiani».
«Con questi tre gasdotti potremmo diventare il  principale hub d’Europa, ma dagli anni Ottanta ad oggi, abbiamo sostanzialmente rinunciato al gas – spiega Cazzini  – ora molto ipocritamente si parla di aumentare la produzione interna, quando abbiamo per anni bloccato la ricerca di nuovi pozzi. Adesso la ripartenza è molto difficile, anche se il potenziale resta alto».

Rimane infatti un punto dolente è che la produzione di gas in Italia: nel 2021 questa è stata pari a solamente 3,5 miliardi di metri cubi. A fronte dei 21 miliardi di Smc che il Paese produceva nel 1994.

Le cause della caduta di produzione

Le cause di questa caduta precipitosa nella produzione sono principalmente imputabili all’interruzione della ricerca di gas metano: «l’Italia ha rotto il vincolo di fiducia con i privati che investivano in questo settore per la ricerca di metano» – «Una volta che il governo italiano dà una concessione mineraria per produrre il metano, se improvvisamente dopo cancella questa concessione, le società perdono il denaro investito fino al momento e, perdono la fiducia di questo contratto  e del governo stesso. Questo tipo di legame è stato rotto per troppo tempo ed per innumerevoli volte».

«Inoltre ci sono tre leggi che sostanzialmente impediscono di produrre metano in italia» –  l’estrazione del gas nel mar Adriatico è ostacolato dalla legge 133 Art. 8  legge obiettivo per lo sfruttamento di giacimenti di idrocarburi; La legge di stabilità 2016 vieta le installazione offshore entro le 12 miglia; Infine il recente Piano regolatore Pitesai (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee) pubblicato nel febbraio 2021 dal ministero della Transizione ecologica.

Quanto Metano c’è in Italia e come lo si stima?

«Ufficialmente esistono 118 miliardi di metri cubi di metano sottoterra secondo i documenti del Ministero, tutti i giacimenti esistenti quelli pronti a produrre e che non hanno mai avuto l’approvazione a causa di queste tre leggi, ma che potrebbero dare ulteriori 70 miliardi di mc. A fronte di un consumo nazionale di 76 miliardi annui di metricubi di gas.
Se riprendesse un clima di fiducia, nelle aree già conosciute dove esistono i giacimenti, si potrebbero produrre ulteriori 80 miliardi di mc. Se poi si passasse nei mari di frontiera italiani che sono: il bacino provenzale, ad ovest della Sardegna, tutto il canale di Sicilia, lo Ionio profondo i parchi di Medina verso la Libia, il basso Adriatico fino al golfo di Otranto si potrebbero produrre altri 165 miliardi di mc».

Precisando che il bancino provenzale, ad ovest della Sardegna «è un mare gigantesco grande quanto l’Adriatico che è diviso tra Spagna – Isole Baleari, Francia, Algeria e Italia». Specificando che secondo le valutazioni del Servizio Geologico degli Stati Uniti – United States Geological Survey- organo di massima competenza, il Bacino Provenzale  avrebbe una capacità di riserve pari a 1500 miliardi di mc di metano – che significherebbe spetterebbero alla Zona Economica Esclusiva Italiana area di competenza dell’Italia circa 400 miliardi di metri cubi.

Il caso Ombrina Mare 2

Cazzini tornando alle cause che impediscono all’Italia di produrre gas si sofferma sul caso “Ombrina Mare 2”  piattaforma per l’estrazione di olio e gas a 6 km dalla costa abruzzese teatina, a cui è stata tolta la concessione impedendone l’avvio per la legge delle piattaforme offshore entro le 12 miglia, la società ha chiamato in tribunale lo Stato italiano che è stato condannato da un tribunale internazionale a pagare 190 milioni di euro di risarcimenti». 

Il caso riguarda la piattaforma per estrazione di olio e gas a 6 km dalla costa abruzzese teatina, di proprietà inizialmente di Medoilgas, poi venduta a Rockhopper, multinazionale inglese. Un investimento di circa 300 milioni di euro, con uno sviluppo tra royalties, tasse e valore per l’indotto, soprattutto locale, di circa 700 milioni di euro e 250 posti di lavoro. Il progetto della piattaforma negli anni aveva superato molteplici stop: ricorsi giudiziali, due VIA favorevoli, leggi nazionali e regionali che ne bloccavano l’iter. Quando sembrava pronto per il via libera è stato infine bloccato dalla legge sulle installazione offshore entro le 12 miglia.

«E’ questa la prima condanna al governo italiano per la rottura di un patto costituito da un contratto regolare di valore nazionale d internazionale» – continua il professore – « Dal 2008 quindi nessuno più perfora il mare: E’ questo il perchè non vengono fatti investimenti» – specificando che questi – «non graverebbero sul cittadino, ma sulle società private (per es. Eni, Edison, Rockhopper) a cui sono date in concessione i diritti di produzione tramite un contratto».

Il professore di geologia degli idrocarburi, anche autore di un libro dal titolo emblematico “Addio al metano d’Italia” conclude pertanto: «Il pantano burocratico di leggi e divieti del nostro Paese è come un gioco dell’oca, si è arrivati nell’ultima casella, ma si tirano i dadi e si ritorna alla casella numero 1».

 

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