Andrea De Bortoli
VENEZIA – Sdoganato da istituzioni e media il fenomeno del marine litter (letteralmente rifiuti marini, anche se sarebbe più opportuno parlare di rifiuti in mare) registra la nascita di molte iniziative rivolte a ridurre l’utilizzo di plastica, adottare comportamenti più virtuosi e prendersi cura degli specchi d’acqua. Nel frattempo in Parlamento cerca di farsi spazio una proposta di legge che mira ad incentivare la tutela dell’ambiente marino, esaltando il paradigma di sviluppo sostenibile e il ruolo dei porti italiani.
Ogni anno vengono prodotte 280 milioni di tonnellate di plastiche e la cifra potrebbe raddoppiare entro il 2050 se non si adotteranno adeguate misure. Di queste almeno 8 milioni, sotto forma di rifiuti, finiscono nei mari di tutto il mondo, causando grossi danni all’ambiente, con riflessi sul turismo e la salute pubblica. A riva le cose non vanno meglio, infatti con l’ultima edizione dell’indagine “Beach Litter” di Legambiente sono state monitorate 78 spiagge e sono stati trovati in media 620 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia, 4 ogni passo (per lo più plastica)! Una volta dispersi nell’ambiente i rifiuti plastici subiscono processi di degradazione che portano alla frammentazione degli stessi in parti microscopiche. Purtroppo, al momento, non esiste in Italia una disciplina che permetta di individuare adeguate modalità di raccolta e di gestione di questi rifiuti, soprattutto quelli in mare.
Per colmare il gap normativo vorrebbe intervenire una proposta di legge di iniziativa dei deputati Muroni e Fornaro presentata lo scorso luglio, che mira ad istituire una vera e propria filiera del riciclo marino, chiamando a raccolta e invitando alla collaborazione tutti gli attori che vivono i porti italiani. Il provvedimento prevede:
“- introdurre nel nostro ordinamento la possibilità di stipulare convenzioni con le associazioni rappresentative degli imprenditori ittici per la raccolta dei rifiuti solidi durante il normale esercizio dell’attività di pesca;
– predisporre un programma per l’istituzione di isole ecologiche in ciascun porto a cura dell’autorità portuale competente, nonché delle relative dotazioni infrastrutturali, necessarie a garantire un idoneo servizio di conferimento e di smaltimento dei rifiuti solidi marini recuperati dal mare;
– avviare un programma di monitoraggio costante al fine di verificare l’effettivo andamento del recupero dei rifiuti solidi marini e prevedere misure di sensibilizzazione e di informazione dell’opinione pubblica attraverso il servizio televisivo pubblico.”
Nel frattempo, fortunatamente, molti hanno deciso di non rimanere inermi e oggi sono sempre più frequenti progetti volti a ridurre questo dannoso impatto, a riprova di un’esigenza sempre più urgente. È il caso del progetto “Tuscany fishing for litter – Arcipelago pulito”, il cui scopo è quello di salvaguardare il mare grazie all’intervento dei pescatori, che avranno la possibilità di conferire nei porti i rifiuti in plastica pescati durante l’attività ittica, destinandoli al riciclo e contribuendo così a debellare il marine litter. Altro progetto virtuoso è “Blue Watcher”, un accordo tra l’associazione Marevivo, il comune di Gaeta e la Camera di commercio di Latina per pratiche di “passive fishing for litter” volte a superare le difficoltà nella gestione dei rifiuti raccolti durante le attività di pesca.