GENOVA – I collegamenti con la Cina sono indispensabili e l’industria italiana può superare la crisi nel Mar Rosso attraverso soluzioni logistiche più adatte a seconda delle diverse esigenze. Ma è indubbio che una di queste sia l’utilizzo del treno sfruttando, in particolare, la Western Rail cinese. E’ il tema affrontato dal direttore generale Spediporto, Giampaolo Botta, intervenuto al webinar organizzato da Aice (Associazione Italiana Commercio Estero) Italy China Council Foundation, Club Asia, Associazione Italia-Hong Kong e International Propeller Club.
Le infrastrutture sono centrali – ha sottolineato il direttore Spediporto: “Il nostro paese non ha mai capito la strategicità del treno per collegarsi con la Cina, secondo una recente indagine di Drewry, ben 217 città hanno un’altissima capacità ferroviaria di connessione con l’Asia ma anche con l’Europa, attualmente raggiunta in 25 destinazioni. Per dare qualche cifra, nel 2023, sono partiti ben 16.000 convogli che hanno trasportato, attraverso il Western Corridor, 1 milione e 700 mila contenitori, con un incremento, rispetto al 2022, del 19%. I convogli, che raggiungono l’Europa in 16-18 giorni, si fermano, però, in Polonia e poi in Germania. Penso – ha aggiunto Botta – che sia stato un clamoroso errore strategico abbandonare la Via della Seta.
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E’ necessario che il Paese faccia delle scelte, spiega il direttore Spediporto: “L’aereo è il mezzo di trasporto adatto per alcuni tipi di merce, ha dei costi ma anche un grande vantaggio in termini di tempi. Il corridoio ferroviario Ovest dalla Cina vede prezzi in crescita ma che restano accettabili e simili al trasporto marittimo mentre il vantaggio è quello relativo ai tempi, che sono un terzo rispetto a quelli che, in questo momento si registrano con il trasporto via nave”.
In conclusioni il direttore Spediporto ha sottolineato come il Paese sconti la carenza dei servizi intermodal. Forse ci sarà una tendenza ad aumentare lo stock di magazzino, ma abbiamo difficoltà legate alla qualità dei servizi alle merci. Spesso i servizi doganali e i controlli sanitari sono lenti, basti pensare al caso dei porti di Genova e Savona con soli 3 veterinari a disposizione. Se un carico arriva già con 12-18 giorni di ritardo e si devono attendere altri 10-15 giorni prima di essere inoltrato è evidente che ci troviamo in uno scenario che non può rendere gli operatori italiani competitivi a livello internazionale”.