Brexit, non è ancora finita – Il primo banco di prova alle Dogane

eurotunnel

Il Regno Unito dal 31 gennaio 2020 è ormai uscito dall’Unione Europea e, con il 1 gennaio di quest’anno sono entrate in vigore le prime norme relative a immigrazione, controlli sulle merci e sulle persone. Fatta la Brexit il premier, Boris Johson, dovrà dare prova al Paese che ne valeva veramente la pena e che i cittadini e le imprese britanniche ne avranno i sostanziosi vantaggi annunciati, il premier non ne ha dubbi e nelle prime interviste rilasciate ha subito fatto sapere:  «Questo è un fantastica opportunità, abbiamo la libertà nelle nostre mani» – «darà certezze alle aziende e ci consentirà di lavorare ancora di più con i nostri amici europei»  – «Saremo una Gran Bretagna aperta, generosa, globale». Un divorzio pertanto che viene descritto come una grande occasione, nonostante le perplessità di molti.

Del resto lo slogan con cui l’allora premier, Theresa May, aveva fatto ingresso al n.10 di Dowing Street, nel luglio 2016, diceva: “faremo della Brexit un successo”. Johnson chiamanto nell’esecutivo come ministro degli Esteri, ex sindaco di Londra e grande protagonista della campagna a favore del divorzio con l’UE, da subito, ha rivestito un ruolo di primo piano nel negoziato con l’Europa.
Quattro anni e mezzo dopo il referendum (23 giugno 2016) Johnson oggi può vantare di aver compiuto la svolta ma, al di là dell’entuisiasmo, anche d’obbligo, le conseguenze della Brexit si cominceranno a vedere nei prossimi mesi, perchè molti aspetti sono ancora da definire e porteranno a nuovi negoziati tra le parti. Tra le questione ancora da definire l’accordo sulla pesca che fino a l’ultimo ha tenuto tutti con il fiato sospeso, è stato infatti rinviato di cinque anni l’accordo definitivo.

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Sul piano doganale, è cambiato radicalmente il modo di operare alle dogane «Le operazioni con il Regno Unito non rappresenteranno più scambi intracomunitari» – ha spiegato Sara Armella, avvocato fiscalista intervenuta su “Italia Oggi”- «ma importazioni ed esportazioni, con tutte le formalità connesse agli adempimenti doganali, tra cui l’identificazione della classifica, dell’origine, e del valore della merce, la sua presentazione in dogana tramite un rappresentante doganale, con tutte le necessarie certificazioni tecniche, e l’accettazione della dichiarazione da parte delle Dogane, prima dello svincolo e l’immissione nel circuito commerciale».
Tra le novità l’accordo prevede, tuttavia,  la cancellazione dei dazi doganali e le quote di importazione dei prodotti, che sarebbero stati applicati in caso di no deal. «Il raggiungimento dell’intesa non fa venir meno la necessità di cambiare radicalmente il modo di operare con il Regno Unito e di dover rispettare le procedure doganali»- specifica l’avvocato Armella  – «Va ricordato, in proposito, che sono oltre centomila le imprese italiane interessate dalla Brexit, di cui circa il 40% non ha mai effettuato operazioni».

Pertanto questa settimana, con la ripresa del traffico sulla Manica, ci sarà il primo banco di prova e si potranno vedere subito gli effetti della reintroduzione dei controlli doganali. Allontanato con l’accordo di libero scambio il rischio dei tassi sulle merci, rimangono i costi occulti del ritorno alle dichiarazioni doganali, sull’iva sullo standard della sicurezza dei prodotti, controlli fitosanitari sulla denominazione d’origine controllata,
Ogni anno attraverso l’Eurotunnel e tra Dover e Calè transitano 4 milioni di mezzi pesanti, secondo le stime della Dogana francese, se per ogni nuovo controllo si prevedono anche solo 2 minuti, questo comporterà file superiori a 2 chilometri su entrambi i lati. Le autorità inglesi hanno concesso sei mesi per chiudere le nuove dichiarazioni, quasi una proroga del periodo di transizione. La consapevolezza è che la Brexit non sia ancora finita, basti pensare alle mire secessioniste di Scozia e Nord Irlanda che sognano di restare in Europa.

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