ex Lege – “Sempre obbligatorio, purché utile, il contraddittorio con l’Agenzia delle dogane”

Lo “Studio Armella & Associati” di Genova, interviene in materia di Nuovo Codice doganale dell’Unione. 
 
GENOVA – Una delle più significative novità del codice doganale dell’Unione è la codificazione del contradditorio anticipato, attraverso l’espressa previsione del diritto dell’operatore di essere sentito prima che sia adottata una decisione che possa ledere i suoi interessi.
L’art. 22, par. 6, CDU stabilisce che, prima di prendere una decisione sfavorevole per l’operatore, le autorità doganali debbano comunicargli le motivazioni su cui intendono basare tale provvedimento, nonché concedergli un termine entro cui esprimere il proprio punto di vista in merito, allo scadere del quale potranno procedere alla notifica della decisione citata.
Tale generale previsione, riferendosi a ogni attività di accertamento, consente di risolvere positivamente il dubbio sull’obbligatorietà del contraddittorio preventivo, laddove la Dogana intenda rettificare il valore dichiarato dall’importatore.
 
E invero, il nuovo art. 140, par. 1, regolamento di esecuzione 2447/2015 – RE (a differenza del previgente art. 181 bis DAC), non prevede espressamente il diritto a presentare difese sul valore prima che sia adottata una decisione amministrativa.
Ma, a differenza di quanto da taluni sostenuto, la nuova previsione normativa non cancella il contraddittorio endoprocedimentale, in caso di rettifica sul valore. Al contrario, la nuova disciplina estende tale diritto di difesa anticipato a ogni tipo di rettifica, ivi comprese quelle sulla classifica o sull’origine, così come a ogni provvedimento sfavorevole (revoca di agevolazioni, di autorizzazioni, ecc.).
Il diritto al contraddittorio preventivo è stato espressamente riconosciuto, inoltre, nel corso delle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf).
“Secondo quanto previsto dal Reg. 883 del 2013, infatti, l’operatore ha diritto di ricevere la documentazione relativa alle verifiche compiute e agli elementi emersi a suo carico, prima che l’attività istruttoria sia conclusa, fruendo di un termine non inferiore a dieci giorni per presentare le proprie osservazioni e difese.
Il diritto al contraddittorio può essere differito soltanto in casi debitamente giustificati, in cui occorra garantire la riservatezza degli accertamenti o che comportino il ricorso a procedure di indagine di competenza di un’autorità giudiziaria nazionale (tipicamente, nel caso in cui si ipotizzi un reato di contrabbando).
Per garantire l’effettività di tale contraddittorio, il legislatore europeo ha stabilito che, nel caso in cui l’operatore presenti all’Olaf osservazioni e difese, “la relazione finale d’indagine fa riferimento a tali osservazioni”.
La normativa europea ha, dunque, positivamente recepito l’orientamento della Corte di giustizia che, attraverso una serie di pronunce interpretative, tra cui la più nota è la sentenza Sopropé, ha riconosciuto al diritto di essere ascoltati il valore di principio fondamentale del sistema giuridico dell’Unione europea, in qualsiasi procedimento, ritenendolo radicato nelle tradizioni costituzionali degli Stati membri, anche in assenza di norme specifiche.
 
La Corte di Giustizia ne ha individuato lo specifico fondamento non soltanto negli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa, nonchè il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale) ma anche nell’art. 41 di quest’ultima, il quale assicura il diritto a una buona amministrazione.
Secondo i giudici europei, infatti, è diritto “di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo, il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale, nonchè l’obbligo per l’amministrazione di moti- vare le proprie decisioni”.
 
A seguito della sentenza Sopropè e dell’ampio dibattito da questa generato – in ragione della frequente prassi della Dogana di notificare il processo verbale di constatazione unitamente all’avviso di accertamento, senza concedere nessun termine di difesa – il legislatore italiano ha espressamente previsto, in materia doganale, il diritto del contribuente a presentare osservazioni e difese, prima dell’emissione dell’avviso di rettifica dell’accertamento doganale, introducendo il comma 4 bis all’art. 11, d.lgs. 374 del 1990 e modificando il comma 7 dell’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente.
Dall’entrata in vigore del nuovo comma 4 bis (25 marzo 2012), pertanto, in tema di avvisi di rettifica in materia doganale, non trova più applicazione l’art. 12, comma 7, Statuto del contribuente, operando in tale ambito soltanto la norma di cui all’art. 11, d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374, preordinato a garantire all’operatore doganale un contraddittorio pieno, in un momento comunque anticipato rispetto all’impugnazione in giudizio del suddetto avviso.
Ad avviso della giurisprudenza nazionale, infatti, il contraddittorio anticipato di matrice comunitaria si muove su un piano diverso e autonomo rispetto al contraddittorio di fonte nazionale, previsto e disciplinato dall’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente.
Ciò comporta che il contradditorio endoprocedimentale previsto in materia doganale trova applicazione anche in caso di revisione eseguita in ufficio, ossia non implicante l’accesso presso il contribuente e deve essere esercitato entro un termine dimezzato rispetto al generale contraddittorio (30 giorni, in luogo dei 60 previsti dallo Statuto).
Occorre, tuttavia, precisare che, secondo un recente indirizzo della giurisprudenza di Cassazione a Sezioni Unite, il diritto al contraddittorio preventivo in materia di tributi armonizzati (quali i dazi, l’Iva, le accise) incontra un preciso limite, rappresentato dalla sua “utilità” all’interno del procedimento amministrativo.
La violazione dell’obbligo del contraddittorio preventivo da parte dell’Amministrazione fiscale, pertanto, determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso. Al riguardo, la giurisprudenza europea ha chiarito che il contribuente non è obbligato a dimostrare che, a seguito delle proprie osservazioni, l’atto impositivo avrebbe avuto un contenuto differente o, addirittura, non sarebbe stato emesso, bensì che, qualora il diritto al contraddittorio fosse stato rispettato, egli avrebbe potuto difendersi più efficacemente.
Nello stesso senso, le Sezioni Unite hanno statuito che la violazione del diritto di essere ascoltato comporta la nullità dell’atto impositivo emesso qualora, in sede giudiziale, emerga che “il contraddittorio procedimentale, se vi fosse stato, non si sarebbe risolto in puro simulacro, ma avrebbe rivestito una sua ragion d’essere, consentendo al contribuente di addurre elementi difensivi non del tutto vacui e, dunque, non puramente fittizi o strumentali”.
 
In forza di tali principi, l’atto impositivo emesso senza rispettare il termine di cui all’art. 11, comma 4 bis, d.lgs. 374 del 1990, deve essere annullato ogni qualvolta il contribuente dimostri che avrebbe potuto, in sede di contraddittorio preventivo, addurre argomentazioni non meramente pretestuose o manifestamente infondate.   
Qualora le osservazioni dell’operatore, presentate all’Amministrazione a seguito della notifica del verbale di accertamento, non siano da quest’ultima ritenute condivisibili, l’Agenzia delle dogane emette un atto di accertamento, contenente la rettifica dei dazi e la riliquidazione e il recupero degli stessi, motivando anche in ordine al rigetto delle difese espresse.
La nuova formulazione dell’art. 11 prevede espressamente, infatti, che le osservazioni “sono valutate” dall’Ufficio, prima della notifica dell’avviso di accertamento.
 
Tale ineludibile obbligo di valutazione è stato riconosciuto (proprio in materia doganale) dalla Corte di Giustizia, con la nota sentenza Sopropè, la quale ha chiarito che spetta al giudice nazionale verificare se l’Amministrazione interessata “abbia tenuto debitamente conto delle osservazioni che le sono state trasmesse”.
Anche la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha ribadito che, ove il contribuente si avvalga del diritto di presentare osservazioni, l’Ufficio ha “l’obbligo di valutarle, come la norma prescrive”. L’Agenzia non ha la facoltà meramente discrezionale di considerare o meno le difese dell’operatore, essendo invece tenuta a valutarle e a motivare, nell’atto di accertamento, le ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni.
Per tali ragioni, è opportuno che gli operatori valutino attentamente, sin dal momento della ricezione di un processo verbale di revisione, le difese da svolgere, presentando tempestive osservazioni all’Agenzia delle dogane.
 
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