GENOVA – La Global Rail Freight Conference, arrivata alla VI° edizione, si è riunita a Genova con tre giornate di conferenze dal 26 al 28 giugno, organizzata da Ferrovie dello Stato Italiane e Union Internationale des Chemins de Fer (UIC). Al centro dei dibattiti: la valorizzazione e l’incremento dei collegamenti fra la rete ferroviaria nazionale e i porti italiani, lo sviluppo dei servizi intermodali per facilitare, attraverso i Corridoi TEN-T, lo scambio di merci con l’Europa. La scelta di Genova come location è particolarmente simbolica perché rappresenta il principale Corridoio merci europeo e porta Sud d’accesso del Corridoio TEN-T Reno-Alpi.
In apertura dei lavori Renato Mazzoncini, amministratore delegato e direttore generale di FS Italiane ma anche presidente di UIC, ha spiegato: “Lo sviluppo di un sistema di trasporto merci su rotaia integrato, uno dei pilastri del Piano industriale 2017-2026 di FS Italiane, è la priorità per favorire gli scambi commerciali fra l’Europa e il mondo. Per questo sono molto importanti i 30 miliardi di euro messi a disposizione del programma Connecting Europe Facility (CEF) dell’Unione Europea per il periodo 2021-2027. Fondi che serviranno a migliorare a livello continentale l’interoperabilità delle infrastrutture ferroviarie nazionali. Altro fattore determinante è l’installazione del sistema tecnologico European Rail Traffic Management System (ERTMS) su tutti i Corridoi TEN-T per renderli percorribili, senza soluzione di continuità, da tutte le imprese ferroviarie”.
Nel mondo oltre il 70% delle merci si muovono via mare e il trasporto marittimo è diventato la spina dorsale dell’economia mondiale. L’Italia con i suoi porti ha accesso a circa il 20% delle merci scambiate globalmente, in transito sul Mar Mediterraneo che è esteso solo per l’1% della superficie navigabile mondiale.
Nei porti italiani arrivano prevalentemente merci dall’estremo Oriente destinate ai Paesi europei. Per questo lo sviluppo dei Corridoi TEN-T (Reno-Alpi, Mediterraneo, Scandinavo-Mediterraneo, Baltico-Adriatico) insieme al potenziamento del sistema ferroviario nazionale e di quello portuale sono fondamentali per rendere l’Italia un centro logistico di primaria rilevanza e nevralgico per l’Europa.
Dei 15 porti strategici nazionali, attualmente sono connessi alla rete ferroviaria nazionale quelli di Ancona, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Ravenna, Taranto, Trieste e Venezia. Entro il 2026 sarà collegato anche il porto di Napoli. Rete Ferroviaria Italiana ha pianificato investimenti per un miliardo di euro per migliorare i collegamenti fra i porti e la rete ferroviaria, decongestionare le arterie stradali, potenziare il primo e ultimo miglio ferroviario.
Ulteriori 4 miliardi saranno investiti da RFI, entro il 2026, per l’ammodernamento tecnologico e infrastrutturale delle linee ferroviarie con interventi dedicati al trasporto merci. Le linee dei Corridoi TEN-T saranno adeguate agli standard europei: moduli funzionali al passaggio dei treni lunghi fino a 750 metri, dal peso assiale fino a 22,5 tonnellate e caricati con container di grandi dimensioni (High Cube), semi-rimorchi e la cosiddetta “Autostrada viaggiante” (Tir fino a 4 metri di altezza, completi di motrice e rimorchio, caricati su speciali carri merci).
Lo sviluppo del traffico merci e della logistica vede impegnato anche il Polo Mercitalia, nato a gennaio 2017 con l’obiettivo di rilanciare il trasporto merci su rotaia. Il Polo Mercitalia, sfruttando il potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria, aumenterà la produttività dei treni merci del 20 per cento. Sono previsti, infatti, 350 milioni di euro di investimento in materiale rotabile (60 locomotive di trazione e manovra e 3mila carri) oltre all’aumento dell’organico con 300 fra macchinisti e manovratori.
Di cruciale importanza è assicurare che gli investimenti realizzati in ottica di sostenibilità ambientale abbiano uno strumento finanziario, a livello europeo, che dia garanzia sull’utilizzo delle risorse. Tra questi investimenti rientra lo sviluppo del trasporto merci su rotaia che arrivi al 30% sul totale entro il 2030, in linea con quanto previsto dell’accordo sul clima di Parigi COP 21/23. I Green bond europei, in tal senso, acquisirebbero maggior rilevanza se fossero certificati introducendo uno standard di qualità e avessero delle periodiche revisioni sul reale impatto positivo dell’utilizzo dei fondi, anche svolte da organi di controllo esterni.