ROMA – Entrato in vigore il decreto “chiudi Italia” il Governo ha ridotto l’elenco delle attività produttive essenziali e che possono rimanere aperte per l’emergenza coronavirus. I settori che hanno ricevuto lo stop sono quelli: plastica, carta chimica, difesa, gomma, call center. Dopo il braccio di ferro tra sindacati ed industriali che hanno prospettato scenari di perdite economiche, il Governo ha steso una lista di attività indispensabili, impegnandosi a ridurre la produzione nel settore militare. Resteranno chiusi gli stabilimenti chimici per la produzione di esplosivi, limiti anche nel settore della carta per esempio quella da parati, limiti per plastica, gomma, ingegneria civile, macchinari per l’agricoltura e call center.
Intanto è certo che, fino al 3 aprile, andranno avanti soltanto i comparti delle attività ritenuti essenziali, quelli che permettono a supermercati e farmacie l’approvvigionamento, comprendendo con una lunga catena logistica a monte che spazia dai settori: agroalimentari, imballaggi di carta vetro e plastica, dalla raffinazione del petrolio, ai trasporti e alla logistica. Tra i settori fermi: la produzione di auto, i cantieri edili (le ristrutturazioni), la produzione di abbigliamento eccetto quello sanitario. Secondo i calcoli dell’Istat sarebbero coinvolte dal provvedimento di blocco, oltre la metà delle imprese italiane. Invece tra le imprese dei settori che non vengono sospesi il 48,7% del totale e tra i lavoratori coinvolti il 66% degli occupati totali italiani, compresa la modalità di lavoro in smart working.
Confuso il quadro per porti-trasporti-logistica
Per molti versi il quadro resta confuso. Basti pensare alle decine di migliaia di aziende che hanno presentato le richieste alle Prefetture per rimanere attive, perchè magari hanno riconvertito la produzione in dispositivi di protezione individuale, oppure ritengono di non essere tra le aziende che si devono fermare. Massima sollecitazione dai settori essenziali di: porti-trasporti-logistica dove la maggiorparte delle associazioni di categoria si sono fatte portavoce di richieste al Governo, annunciando l’imminente saturazione delle banchine portuali e dei terminal, dove le merci corrono il rischio di rimanere bloccate. Il motivo è chiaramente la chiusura delle molte aziende dei settori non essenziali, a cui queste merci avrebbero dovuto essere inviate. La richiesta collettiva pertanto è stata quella di continuare ad utilizzare i magazzini logistici e gli hub delle aziende non essenziali.