In vista di Agorà Confetra a colloquio con Alessandro Laghezza, presidente Confetra Liguria: «Le compagnie hanno gestito al meglio e a loro vantaggio la crisi Covid, hanno accumulato profitti importanti e aggrediscono gli anelli dela catena logistica» – «è uno scenario preoccupante per l’indipendenza della catena logistica».
Lucia Nappi
LIVORNO – «Le compagnie di navigazione sono un oligopolio che sta diventando sempre più concentrato, esentato anche per le normative anti trust disposizioni che sono state recentemente rinnovate. Di fatto sono soggetti che hanno una posizione predominante sul mercato e, che fino ad oggi, non avevano sfruttato a pieno» – Lo spiega a Corriere marittimo Alessandro Laghezza, presidente di Confetra Liguria e a capo del gruppo omonimo di spedizioni internazionali. L’argomento viene sollecitato anche in vista di Agorà Confetra, momento annuale di riflessione sui fenomeni globali di logistica e produzione e sul posizionamento del nostro Paese in relazione a questi. Riflessione quanto mai centrale, in questo fase, per l’Italia impegnata a giocare la partita fondamentale del Recovery Fund.
«La precedente crisi del 2008» – continua il presidente di Confetra Liguria – «aveva visto una selezione delle compagnie, adesso essendo il mercato delle compagnie estremamente concentrato, queste hanno gestito al meglio e a loro vantaggio, la crisi Covid, hanno accumulato profitti importanti e aggrediscono gli anelli dela catena logistica: dai teminal sino ad arrivare a componenti che pensavamo inattaccabili, come le operazioni doganali, questo è uno scenario preoccupante per l’indipendenza della catena logistica. Sicuramente va attentamente monitorato, si è accelerato molto quest’anno ed ha aggregato le compagnie in termini di integrazione verticale».
Infatti mentre i principali player hanno annunciato, per il secondo trimestre 2020, il rialzo degli utili, margini EBITDA in crescita (CMA CGM 19,8% – Maersk Ocean 20,7% e Hapag-Lloyd 23,2%) e prospettiva ancora migliori per il terzo trimestre dell’anno, per altri settori della logistica non è stato così. Nel momento in cui l’industria europea è in una grave recessione la competitività delle varie componenti della logistica (esportatori e importatori europei e loro fornitori di servizi) è a rischio.
Laghezza, Maersk ha profilato riorganizzazioni ed esuberi, è il caso dei brand Safmarine e Damco. Annuncia la recessione nel 2021?
«Sicuramente i numeri complessivi del traffico marittimo sono calati e non riprenderanno neppune nel 2021, ci saranno esuberi in tutta la catena, ma a differenza del 2008, quando le compagnie perdevano o addirittura chiudevano, come nel caso del fallimento Hanjin e tantre altre, adesso invece hanno imparato a gestire il processo a loro vantaggio. A livello mondiale c’è una dinamica molto forte degli esuberi – di licenziamenti e assunzioni – per questo è percepita molto diversamente dall’Italia. Da noi siamo più spaventati da questi fenomeni, perchè sappiamo che perso il lavoro difficilmento lo si ritrova.
E’ una fase dinamica, credo che ci saranno ancora delle concentrazioni nel mercato delle compagnie e degli spedizionieri, che arriveremo a 4-5 player sia nelle compagnie che negli spedizionieri internazionali, a quel punto sarà una lotta tra titani perchè avranno tra loro elementi di cooperazione ma anche di sovrapposizione e competitività».
Il nostro Paese è pronto per intercettare i nuovi traffici della produzione cinese in Africa?
«L’Italia sicuramente ha una posizione geografica che la favoriscecome come porta di accesso anche per le produzioni africane, il Mediterraneo è il principale crocevia dei traffici mondiali. Quelli dall’estremo Oriente per loro natura ancora di più dei traffici dall’Africa e dalle piattafiorme che stanno realizzando nel nord Africa. Bisogna farci trovare pronti, ma sul piano infrastrutturale non abbiamo fatto ancora niente in questa direzione».
Recovery Fund, quali le riflessioni del presidente di Confetra Liguria?
«Con il Recovery Fund abbiamo il rigore da calciare. Un anno fa avevo fattto una richiesta: “ci vuole solo un piano Marshall per le infrastrutture italiane”, adesso lo abbiamo perchè è il Recovery Fund. Purtroppo per arrivarci siamo dovuti passare attraverso qualche centinaia di migliaia di morti in Europa per il Covid.
Sappiamo perfettamente quali sono le opere necessarie per mettere in condizioni infrastrutturali adeguate il nostro Paese, se sbagliamo il rigore, non ci sarà alcuna prova di appello. Questo si deve poi accompagnare anche a semplificazione, brurocratica, snellimento delle procedure. Tutte cose che ci diciamo da una decina di anni, ma che se non le facciamo questa volta, credo, non ci sarà più prova d’appello».