Si aprono scenari rivoluzionari anche sul versante sicurezza.
di Giovanni Grande
NAPOLI – La corsa verso l’automazione nel settore marittimo è già iniziata. In Svezia, sebbene su una tratta di solo 7 miglia, già opera una unità che trasporta 120 contenitori senza alcun equipaggio.
Le date che scandiscono le tappe successive del processo seguono una progressione geometrica: nel 2019 salperà la prima portarinfuse giapponese senza marinai a bordo; nel 2025 toccherà al settore offshore; entro il 2050 il governo cinese prevede la gestione in remoto di ogni tipo di veicolo in movimento.
Scenari rivoluzionari che aprono una serie di interrogativi anche sul versante sicurezza: la tecnologia riuscirà ad annullare definitivamente il rischio di incidenti? E nel periodo di transizione come garantire la massima sicurezza per la vita umana e i beni che viaggiano via mare?
Se ne è parlato, con un’impostazione volutamente multidisciplinare, alla Stazione Marittima di Napoli al convegno “Sinistri marittimi, cause e concause”, appuntamento organizzato da Cosmar, il comitato spontaneo di marittimi nato per avviare una collaborazione tra in mondo dello shipping e le istituzioni, al fine di proporre una visione integrata di un settore che “a dispetto delle nutrite normative internazionali e nazionali – come ha sottolineato il suo presidente Giorgio Blandina – è secondo per numero di incidenti sul lavoro solo all’edilizia”.
‘Sicurezza e innovazione sono senza dubbio i due pilastri su cui si basano le sfide del futuro,” è intervenuto il presidente dell’AdSP del Tirreno Centrale, Pietro Spirito, che ha posto l’accento sulla “responsabilità sociale d’impresa” come fattore in grado di andare “oltre l’interpretazione economica dei fenomeni”. Un percorso improntato alla “coopetition”, concetto in cui convivono cooperazione e competizione tra i soggetti in campo, che in Italia sconta ancora un forte ritardo.
Così come si registra una situazione di stallo anche sul versante dell’innovazione, con conseguenze strutturali di lungo termine tutte da decifrare.
“L’industria 4.0 mette in discussione un modello radicato e non ci stiamo preparando. Si tratta – ha sottolineato Spirito – di una rivoluzione che cambierà molti mestieri, ne creerà altri, eppure non ci stiamo sforzando di capire in che modo ristrutturare la forza lavoro.
Concepire, ad esempio, le agenzie del lavoro portuali come ammortizzatori sociali piuttosto che come strumento di riconversione professionale significa andare nella direzione sbagliata”.
Una preoccupazione alle “competenze” del lavoratore riecheggiate anche nell’intervento del Capo Sezione Gente di Mare della Capitaneria di porti di Napoli, Pasquale Palescandolo. “Se la sola competizione sul costo del lavoro è insostenibile la creazione di un surplus qualitativo diventa essenziale”.
Ed è proprio nell’investimento sulla formazione dei marittimi che la nuova tecnologia può rappresentare un valido ausilio.
“Si può creare valore aggiunto rispetto alle marinerie straniere, rispondere alle alte specializzazioni che la sfida dell’automazione richiede”. A patto di non dimenticare la centralità del fattore umano. In un contesto in cui il 62% degli incidenti marittimi sono dovuti ad errori di persone in carne e ossa delegare alla sola tecnologia può rappresentare un elemento di rischio.
“La cartografia elettronica – mette in guardia il C.V. Giovanni Greco del Comando Generale della Capitanerie di Porto – è un valido aiuto alla navigazione ma se usata per sostituire l’uomo può trasformarsi in un’arma a doppio taglio”.
Emerge quindi la necessità di un equilibrio capace di compensare la complessità dei fattori in gioco. Lo stesso che a livello di controlli si sta creando tra il livello normativo e quello esercitato dalle pressioni del mercato. Alle tre responsabilità individuate dalle convenzioni internazionali in tema di controlli (bandiera, stato e compagnie marittime) fa da contraltare quello dei soggetti economici coinvolti nel processo.
“Alla complessità delle funzioni – ha spiegato l’avvocato Enrico Vergani – corrisponde un’attenzione esterna al sistema legislativo che spesso anticipa i cambiamenti portati dalle continue innovazioni tecnologiche. Mi riferisco al ruolo degli assicuratori o dei finanziatori sempre più interessati alla qualità del tonnellaggio”.
Il punto di vista di “chi naviga” è stato affidato al Comandante Laura Pinasco, prima donna sulla plancia di comando di una nave gasiera che ha evidenziato le difficoltà inerenti la prevenzione dei sinistri marittimi in ambito nazionale.
Quattro i punti su cui bisognerebbe operare: trattazione e pubblicazione, caso per caso, dei sinistri interessanti; creazione di una pagina web sul portale del MIT in cui le compagnie possano pubblicare report riguardanti i sinistri; più coinvolgimento delle competenze marittime civili nelle investigazioni; rendere più accessibili i corsi sulle tecniche di incident investigation.