L’effetto dirompente della pandemia “coronavirale” sta riscrivendo i bisogni collettivi di individui, comunità, imprese, Stati, Organismi sovranazionali. Al centro dei bisogni è la tecnologia – L’era democratica dei 100 giga al costo di una manciata di euro, ha prodotto effetti rassicuranti sul piano sociale. Cresce la consapevolezza delle attività ritenute essenziali per il Paese, in cima alla lista: sanità, produzione e commercio di beni primari, trasporto-logistica e servizi connessi.
Lucia Nappi
LIVORNO – Un effetto prodotto dalla pandemia da coronavirus è sotto gli occhi di tutti ovvero quello di avere dato un impulso molto forte ai bisogni di automazione, tecnologia, innovazione, big data, internet. Parole già presenti anche precedentemente nel mondo pre-pandemico da coronavirus, adesso in cima alla lista dei bisogni di ciascuno. E se “prima del coronavirus” il mondo aveva delle priorità, l’effetto dirompente della pandemia “coronavirale” (venga consentito il termine) sta riscrivendo sicuramente bisogni collettivi di: individui, comunità, imprese, Stati, Organismi sovranazionali.
Tra le persone, anche tra le più resistenti alle tecnologie, mai come in questi giorni c’è stata la ricerca all’accesso ai benefici prodotti dall’utilizzo di qualsiasi forma di tecnologia. A partire dal soddisfacimento dei bisogni primari: un picco nella richiesta di acquisti on line di alimenti, di cui sono stati travolti supermermercati ma anche negozi al dettaglio. Così come per la sfera emotivo-relazionale, le connessioni tecnologiche hanno sostituito le connessioni reali, più di quanto non fosse già anche precedentemente al lockdown.
Balzato prepotentemente al centro “ossessivo” dei bisogni collettivi è pertanto il settore della tecnologia e la necessità di un suo utilizzo orizzontale, senza esclusioni sociali, sia su base anagrafica che socio culturale.
L’era democratica dei 100 giga al costo di una manciata di euro, ha prodotto dei risultati sociali rassicuranti non escludendo, tra la popolazione, nessuna fascia e producendo una diffusione omogenea e trasversale. Ovvero tutti possono accedere ad una connessione continua e quotidiana, che permetta costantemente di lavorare in qualsiasi luogo ci si trovi, informarsi, scambiare emozioni e quindi continuare a vivere in un canale permeato di virtuale e reale.
Per imprese e Stati la certezza è rappresentata sicuramente da un futuro di automazione crescente, con effetti di totale sicurezza, riduzione di costi, innalzamento dei livello dei servizi per effetto della loro standardizzazione, efficacia e efficienza del processo. A livello mondiale ad esserne agevolati, pertanto, sono le imprese e gli Stati dove lo sviluppo tecnologico è più avanzato, inutile specificare quali essi siano questi Stati. Sicuramente l’Italia, anche in questo settore, si trova a dover recuperare un gap rispetto ad un contesto europeo ed internazionale. Tra le nostre imprese ne sono agevolate sicuramente quelle che, in questi ultimi anni, hanno investito in tecnologie e nello sviluppo di processi di automazione avanzati.
Infine l’effetto coronavirale sembra avere diffuso nell’opinione pubblica e nello Stato, probabilmente, maggiore consapevolezza su quali siano i settori economici e produttivi essenziali per lo sviluppo del Paese e della sua comunità nazionale. Nessun settore e nessuna attività è da considerare in secondo piano rispetto ad altre, tuttavia in una situazione emergenziale e fatta di priorità, sono balzati in cima alla lista: il settore sanitario, la produzione e il commercio dei beni primari, e i trasporti e la logistica con i servizi la loro connessi. Proprio quei settori, per ironia della sorte per così dire, maggiormente penalizzati e lasciati indietro a discapito di altri, da decenni di politica e di governi di qualsiasi colore, coalizione e forma. Una coperta troppo corta, si sa la storia è quella.