Francesco Bandiera, presidente di Fedepiloti: «lo Stato deve valutare l’opportunità di intervenire nei confronti dell’armamento in modo adeguato. Questo perché la filiera marittima non può e non deve fermarsi».
Lucia Nappi
LIVORNO – Nella crisi economica generata dall’onda lunga della pandemia i porti e le catene logistiche, di cui essi fanno parte, sono i primi a pagarne le conseguenze. Tra il crollo dei traffi marittimi, la crisi dell’armamento e la mancanza di liquidità delle imprese, anche il pilotaggio portuale è toccato dalle difficoltà della crisi e per l’erogazione del proprio servizio. Interviene su questi temi Francesco Bandiera, presidente Fedepiloti, Federazione Nazionale Piloti dei Porti.
Bandiera, come ha influito la pandemia da coronavirus sulle vostre attività negli scali nazionali?
«C’è stato un fortissimo calo dei traffici. Abbiamo continuato nel nostro regolare servizio adottando, in accordo con l’Autorità marittima e come primi in Europa, dei “Team fissi di piloti e personale conduttore delle pilotine”, per quanto possibile. Isolando le squadre e facendo in modo che non si incrociassero, né in stazione né in pilotina, cosicché nella malaugurata ipotesi, non verificatasi, che qualcuno si fosse contagiato, non fossimo costretti a mettere tutta la Corporazione in quarantena. Questo avrebbe compromesso l’apertura del porto al traffico navale, come facilmente immaginabile».
Dispositivi di protezione individuale a marzo ne lamentavate i ritardi
«Come tante altre realtà, compresa quella sanitaria, abbiamo vissuto la carenza di approvvigionamento di adeguati dispositivi di protezione individuale. Nel mese di marzo ci siamo attivati a livello centrale con la Federazione riuscendo ad acquistare, con non poche difficoltà, migliaia di dispositivi di protezione tra mascherine, guanti, tute e occhiali, che abbiamo distribuito a tutti i piloti, i pratici locali ed il personale dipendente. Nessuno escluso».
La prevenzione dal contagio porta rallentamenti alla normale attività di pilotaggio?
«Rallentiamo oggi per non fermarci domani! E’ stato il concetto che abbiamo adottato, condividendolo con le Autorità competenti. E’ vero anche che non c’è più il traffico di prima. I ritmi di lavoro sono rallentati naturalmente da soli. In certi porti più di altri sicuramente, dato anche il blocco totale delle crociere. Si registrano crolli verticali del traffico anche del 40/45%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente».
I terminal hanno segnalato un andamento a singhiozzo: ritardi delle navi, congestione dei piazzali e nei magazzini, ne avete avuto riscontro?
«Per quanto di nostra competenza, possiamo dire che: dove e quando possibile si è cercato di evitare la concomitanza di più navi, sempre per evitare potenziali rischiosi incroci di più squadre, ma sempre anche nel rispetto delle necessità operative e commerciali del porto, ben inteso».
Effetti collaterali generati dall’emergenza virus?
«Un rinnovato senso di squadra. Si è costituita una piccola unità di crisi sul pilotaggio, potremmo dire. Con il Consiglio direttivo nazionale della Federazione e tutti i capi pilota, attraverso riunioni via web ci sentiamo costantemente per avere chiara la panoramica generale ed importanti confronti operativi. L’emergenza, sotto questo aspetto, ha reso necessario affrontare argomenti che fino a poco tempo fa potevano risultare essere solamente nuove soluzioni tecniche, mentre oggi diventano necessità improrogabili a cui dare delle risposte. Quali le crisi in cui alcune piccole realtà si trovano, o si troveranno a breve ad affrontare, se l’ormai conclamata crisi economica in arrivo dovesse poi durare a lungo».
Il rapporto con gli armatori?
«I rapporti con le associazioni nazionali degli Armatori ( – ndr Confitarma e Assarmatori) – sono assolutamente cordiali, ed in questo periodo particolare abbiamo continuato a sentirci formalizzando la garanzia del continuo appoggio del servizio di pilotaggio all’armamento».
Gli armatori, come molte altre categorie, denunciano la mancanza di liquidità, come gestite queste situazioni?
«Sicuramente questa è una crisi mondiale che stiamo attraversando tutti indistintamente e che purtroppo mette a dura prova anche gli imprenditori, ivi compresi gli armatori, con il relativo rischio d’impresa. Per questo, data la natura della crisi e la conseguente perdita dei traffici commerciali, è da ritenere che lo Stato debba valutare l’opportunità di intervenire nei confronti dell’armamento in modo adeguato. Questo perché la filiera marittima non può e non deve fermarsi.
Per quanto riguarda la Corporazione dei piloti invece, che notoriamente non appartiene alla categoria delle imprese, il problema è un’altro, perchè la mancanza di liquidità delle imprese per il crollo dei traffici, non sono situazioni che possiamo gestire.
E’ chiaro che la crisi dell’armamento porta dietro a se una serie di sofferenze, tra cui anche il pilotaggio, ma se, come sta avvenendo con alcuni armatori che fermano i pagamenti dovuti, o peggio, vengono decisi arbitrariamente importi e tempistiche, nascono serie difficoltà per l’erogazione del servizio stesso, che ha caratteristiche legate alla sicurezza della navigazione sotto il controllo dell’Amministrazione Marittima.
Da qui l’appello fatto in questi giorni e che rinnoviamo. La crisi sanitaria è nella sua fase di mutamento verso una crisi economica senza precedenti. Il crollo verticale dei traffici elimina definitivamente quel poco margine di manovra che potevamo avere per gestire situazioni del genere in modo assertivo. Per quanto detto assume oggi ancora maggiore importanza che le società esposte che hanno utilizzato il servizio di pilotaggio fino al momento dell’emergenza, rientrino quanto prima con le pendenze pregresse. Inoltre, proprio in relazione dell’importante calo di traffico marittimo nei porti previsto nei prossimi mesi, sarà vitale non tornare a produrre situazioni debitorie nel tempo».