«Situazione inaccettabile» è lo sfogo di Luca Becce presidente di Assiterminal a Corriere marittimo, alla vigilia della presentazione del Recovery Plan. Il funzionamento delle istituzioni in contraddizione con la Riforma Delrio, a quattro anni di distanza. Disciplina concessioni, art. 16 e ar. 17 «manca una razio di carattere generale». Recovery Plan, attenzione, mette in guardia Becce – «da sola la progettualità non basta, ma deve rispondere ad un funzionamento istituzionale» – «rischiamo di vanificare»
Lucia Nappi
LIVORNO – «Non mancare all’appuntamento del Recovery Plan è fondamnetale non solo per l’opportunità che esso rappresenta, ma anche per sottolineare la valenza fondamentale, della logistica e di una parte della logistica che noi rappresentiamo, per una ipotesi di sviluppo del Paese» – Lo spiega a Corriere marittimo, Luca Becce presidente di Assiterminal, Associazione Italiana Terminalisti Portuali, espressione associativa dell’industria della portualità nazionale.
La conversazione si svolge nell’ambito dell’opportunità rappresentata dal Recovery Fund per la ripresa economica del nostro paese. «Situazione inaccettabile» è lo sfogo di Luca Becce presidente di Assiterminal a Corriere marittimo, alla viglia della presentazione del Recovery Plan. La Riforma Delrio, a quattro anni di distanza, contraddetta dal funzionamento delle istituzioni. La disciplina sui regolamenti concessori, inoltre art. 16 e ar. 17 manca una razio di carattere generale. Attenzione, mette in guardia Becce «da sola la progettualità non basta, ma deve rispondere ad un funzionamento istituzionale, perchè qualora noi presentassimo dei progetti anche innovativi, ma se il sistema non funziona, rischiamo di vanificare»
Alla fine del mese di agosto Assiterminal, con una circolare interna, informava i propri associati sulla possibilità di presentare, in tempi rapidi, dei progetti che avessero le caratteristiche per partecipare alle proposte per attingere al Recovery Fund.«Progetti con contenuti» – sottolinea il presidente di Assiterminal -«che avessero il crisma di innovazione, sviluppo organizzativo, efficientamento, crescita della sicurezza, e della security».
Becce, Recovery Plan, quale il ruolo della logistica?
«La logistica è ormai una componente della produzione non è più un elemento scisso e non è un servizio, Nella presentazione dei progetti, il Recovery Plan, deve rappresentare una opportunità dentro la quale manifattura e logistica si fondono. La filosofia di impresa 4.0 indicata, anche dal ministro Calenda, che tende a includere la logistica tra i fattori diretti della produzione, a superare la cesura storica della ripartizione fra i pilastri dell’economia classica, riteniamo sia la strada giusta».
Che risposta avete avuto riguardo ai progetti?
«Una risposta buona, diversi associati hanno manifestato pieno interesse a presentare i progetti che dovranno essere consegnati al governo che a sua volta dovrà presentarli alla Comunità europea per l’utilizzo dei 209 miliardi del Recovery Fund».
A che punto siete?
«Entro la fine del mese avremo un pannello di ipotesi più definite che riguarderanno singole portualità e singole imprese».
Quali gli aspetti su cui state lavorando?
«I pilastri sono due. Primo la digitalizzazione, ovvero la smaterializzazione delle documentazioni e gestionali interne ai terminal portuali, sulla quale c’è un patrimonio di attività molto importante, anche in interfaccia con le attività informative delle Autorità di Sistema portuali. Anche tutta la procedura interna di gestione dell’operatività può essere ulteriormente digitalizzata, per perdere sempre più le caratteristiche di manualità
Secondo pilastro sono le infrastrutture. Progetti che siano collegati in coerenza nel piano nazionale della logistica in una logica di multimodalità, quindi di possibile spostamento, sempre più importante, dall’autotrasporto su altri sistemi e veicoli di trasporto. In particolare la ferrovia: quindi infrastrutture ferroviarie, infrastrutture multi modali che comprendano un approccio multimodale. Soprattutto il potenziamento del collegamento dei porti.
Noi siamo d’accordo con il piano nazionale dei trasporti da cui poi è sortita la riforma della legge 84/’94 ovvero il tema in Italia non è la capacità di aree e banchine ma la connessione dei porti ai sistemi produttivi».
Luca Becce per cinque anni è stato amministratore delegato del terminal container livornese, Darsena Toscana (TDT) e adesso ne è presidente- A Livorno avete lavorato sul tema ferroviario.
«Si a Livorno abbiamo superato la manovra ferroviaria ed abbiamo un collegamento diretto con la rete, quello è la direzione verso cui muoversi».
Il rischio è il “Falò della vanità dei porti”? definito da Luigi Merlo il potenziale afflusso di progetti localistici, come commenta?
«Concordo “una volta” con Luigi Merlo su una cosa: Il problema è che, in assoluta contraddizione rispetto a quella che era la filosofia sottesa alla Riforma Delrio, i localismi che portano a non fare valutazioni di interesse generale, sui singoli progetti delle singole portualità, continuano ad essere il fattore prevalente della portualità italiana. Assiterminal da molti anni, sostiene una necessità di progettazione, programmazione e gestione di carattere nazionale delle infrastrutture portuali, che non sono regionali, ma nazionali ed europee.
Da molti anni sosteniamo “l’insostenibilità” della permanenza in vita dei sistemi portuali di applicazioni singolari delle stesse norme: la disciplina sui regolamenti concessori che non ha una razio di carattere generale e che inerisce la competitività dei singoli porti ed operatori. Purtroppo lo stesso accorpamento delle vecchie Autorità portuali nelle AdSP, quattro anni di distanza, non ha ancora consentito di dare omogeineità ai regolamenti per l’utilizzo e il rilascio delle concessioni anche all’interno delle singole Autorità di Sistema Portuale: Salerno è diverso da Napoli, Piombino è diverso da Livorno e Savona è diverso da Genova. Questa situazione è inaccettabile. Lo stesso vale per la normativa sull’organizzazione del lavoro. «L’interpretazione degli art. 16 e art.17 sono frutto esclusivamente di situazioni di carattere localistico».
Pertanto i progetti come emanazione del funzionamento istituzionale?
«Qualora noi presentassimo progetti anche innovativi, ma se poi il sistema non funziona il rischio sarebbe di vanificare».
Riforma portuale, considerazioni critiche
«E’ il caso di dare giudizio sulla Riforma che parte da presupposti giusti, ovvero l’idea che i porti sono infrastrutture nazionali e devono essere inferite in una logica nazionale e non localistica. Da questo la costituzione del Tavolo nazionale di coordinamento delle AdSP, che non è stato fatto funzionare e non si è espresso su nessuna delle questioni fondamentali. E’ un fatto grave che nel Tavolo nazionale non sia mai stata portata quella parte di legislazione sulla quale è sempre più necessaria una armonizzazione fra i singoli porti.
I Comitati di gestione, che hanno sostituito i Comitati portuali, hanno al loro interno una prevalenza delle Istituzioni locali. La maggioranza dei voti la esprimono la rappresentanza di Comuni e Regioni. Questo è contradditorio, è un ostacolo. Quanto avvenuto nel porto di Venezia lo dimostra».
«Necessario fare un tagliando sulla coerenza della direzione di marcia presa. Assiterminal avendo in questi anni sempre dato contributi costruttivi, è nella condizione di fare considerazioni critiche. Sono veramente molto scontento della strutturazione del ministero delle Infrastrutture e Trasporti in questi anni che nella portualità mi pare abbia fatto passi indietro nella propria strutturazione interna».