Venezia lancia il suo guanto di sfida alla burocrazia, al Governo, ma anche al facile ambientalismo. Per la prima volta, da molti anni, imprese, lavoratori ed istituzioni si compattano al grido di “E se rovesciamo Venezia?” – Stamani la manifestazione dei lavoratori del porto: una flottiglia di ottanta imbarcazioni, fra rimorchiatori, chiatte, barche da ormeggio e da lavoro, hanno navigato nel Canale della Giudecca per dire “SI” allo sblocco degli escavi di manutenzione dei fondali.
Laura Colognesi
VENEZIA – “Il Porto è vita. Venezia è viva”. Questo il titolo del Manifesto, suddiviso in nove punti, sottoscritto oggi al Porto di Venezia “perché Venezia ha diritto ad affermare il proprio futuro, è patrimonio di chi ci vive e lavora ed è ora di rovesciare l’idea di Venezia, raccontata da pochi, spesso organizzati in associazioni e comitati, per lasciare finalmente spazio alla voce di tutti gli altri, che sono maggioranza, fino ad adesso troppo silenziosa perché concentrata nel proprio lavoro” ha dichiarato Alessandro Santi, presidente dell’Associazione Agenti Raccomandatari e Mediatori Marittimi del Veneto, promotori dell’iniziativa con la Federazione Nazionale Federagenti, presieduta da Gian Enzo Duci.
“Il sistema porto è la ricchezza di Venezia – ha dichiarato il presidente AdSP del Mar Adriatico Settentrionale Pino Musolino – e genera 92.284 posti di lavoro, di cui 21.175 diretti e 55.704 nella città metropolitana. Nel complesso genera un fatturato di 21 miliardi. Senza il porto, Venezia è destinata a diventare una ghost town con danni incomparabili anche per tutto il nord-est industriale, una delle aree produttive più importanti d’Europa”. “Tra produzione diretta, indiretta e indotto, il sistema portuale veneto pesa per 21 miliardi di euro di cui 11,7 miliardi di produzione diretta, 7 miliardi di produzione indiretta e 2,3 miliardi di indotto, equivalente alla produzione generata dai consumi delle retribuzioni lorde percepite dalla forza lavoro coinvolta. Misurando anche l’indotto, l’impatto economico totale è quantificabile in 92.284 posti di lavoro, il 61% registrati nell’ambito metropolitano, il 13% nell’ambito regionale al di fuori della città metropolitana e il 26% in Italia al di fuori del Veneto. Circa 10,6 miliardi della produzione totale rimangono nella città metropolitana, 3,9 nel resto del Veneto e i rimanenti 6,4 nel resto del Paese. Importanti le ricadute sull’occupazione: oltre 1.260 le aziende direttamente impiegate a Venezia e 322 le aziende impiegate a Chioggia, per un totale di 21.175 addetti” ha sottolineato Giuseppe Fedalto, presidente Camera Commercio Venezia Rovigo, co-autore, col Porto di Venezia e UnionCamere, dello Studio “L’Impatto economico e sociale del sistema portuale veneto”, presentato lo scorso 23 gennaio a Porto Marghera.
Per la prima volta da molti anni imprese, lavoratori ed istituzioni si compattano al grido di “E se rovesciamo Venezia?”. Incuranti della nebbia fitta, una flottiglia di ottanta imbarcazioni, fra rimorchiatori, chiatte, barche da ormeggio e da lavoro, hanno navigato stamattina nel Canale della Giudecca “per sbloccare gli escavi di manutenzione dei canali per la navigazione e garantire lo sviluppo dello scalo marittimo”. Spedizionieri, agenti marittimi, terminalisti, armatori e industriali hanno fatto sentire la loro voce per sbloccare la situazione del porto di Venezia, che rischia di perdere la propria centralità come hub logistico per il sistema imprenditoriale e produttivo del Nord Est a causa dell’insabbiamento dei fondali.
Sottoscritto oggi da Luigi Brugnaro (Sindaco di Venezia), Vincenzo Marinese (presidente Confindustria Venezia), Giuseppe Fedalto (presidente Camera Commercio Unione Metropolitana di Venezia), Gianni Satini (vice presidente Conftrasporto), Silvia Moretto (presidente Fedespesi), Paolo Salvaro (presidente Confetra Nord-Est), Beniamino Maltese (presidente Commissione Finanza Confitarma), Alberto Rossi (direttore generale Assarmatori), Luca Becce (presidente Assiterminal) e Renzo Varagnolo (rappresentanza sindacali), il Manifesto è aperto a chiunque voglia sottoscriverne gli obiettivi comuni. E con neanche un tanto velato “j’accuse” verso tutti quelli che hanno rallentato e non mantenuto le promesse, in particolare per quanto riguarda i dragaggi ovvero l’escavo manutentivo dei canali che dovrebbero garantire l’accesso delle navi e che invece stanno scandendo i tempi di una “morte di Venezia” rispetto alla quale per la prima volta la città, tutta, ha detto oggi “no”. “Al Governo abbiamo già formalizzato la richiesta di 150 milioni l’anno per un totale di dieci anni” – ha concluso il sindaco Brugnaro – per il dragaggio di ordinaria amministrazine dei canali, con un pescaggio attuale superiore ai 10 metri e 20, contro i 12 metri che rappresentano una sorta di “minimo sindacale” fissato e formalmente autorizzato per legge. Venezia ha così lanciato il suo guanto di sfida alla burocrazia, al Governo, ma anche al facile ambientalismo che ha fatto delle cosiddette Grandi navi il facile bersaglio per proseguire una narrazione suicida sul declino del porto.
“Bisogna salvare Venezia e il Porto, prima che sia troppo tardi. Ma questo a Roma non lo capiscono – ha concluso Gianni Satini, vice presidente Conftrasporto. “Quando un porto strategico come Venezia perde una linea container diretta verso la Cina, perde professionalità, servizi, competenze. Questo grido deve scuotere tutti. Il Porto è vita pulsante, schiacciato da troppe procedure”.