Sisto, direttore Confitarma: «Il Registro internazionale resta il pilastro su cui si fonda la competitività dell’industria nazionale» – Convegno Propeller Club Port of Venice, in tema di lavoro marittimo.
Lucia Nappi
MESTRE, VENEZIA – «Chi ha attaccato il Registro internazionale italiano, sostenendo che è stato per anni una leva per creare situazioni di disoccupazione in Italia, ha compiuto un atto falsità e irresponsabilità politica. Mettendo in dubbio un percorso di eccellenza della flotta italiana, svolta negli ultimi 30 anni da Confitarma, con una storia di 130 anni. E’ importante raccontare le cose come stanno».
E’ l’appello che il direttore generale di Confitarma, Luca Sisto, rivolge al governo «pensando alla gente di mare, per l’interesse nazionale di navi ed equipaggio». Appello lanciato dai microfoni del convegno promosso dal Propeller Club Port of Venice a Mestre sul tema del Lavoro marittimo.
«Il Registro internazionale resta il pilastro su cui si fonda la competitività dell’industria nazionale ma anche per dare la possibilità di lavorare a terra e soprattutto a bordo». Tiene a specificare – «Siamo in un momento delicato in cui stiamo per estendere i benefici di questo percorso di competitività dalla istituzione del Registro internazionale italiano, nato con la legge del ‘98, del “Tonnage tax sistem”. Come faremo a conservare un’industria marittima nazionale – si chiede Sisto – quando tra qualche settimana, forse i nostri armatori dovranno scegliere di abbandonare la legislazione dei nostri porti, inalberando la nostra bandiera e invece scegliere, bandiere come quelle di Madeira, Malta, Cipro, esempi dello spazio economico dell’Unione Europea».
«Come faremo a conservare le navi nel nostro Paese se questo non saprà rispondere all’esigenze dell’industria nazionale. Sfido chiunque a dimostrare che un’estensione di questo pacchetto del Registro internazionale , non limitata nell’interesse nazionale, possa contribuire a dare nuovi posti di lavoro allo shipping nazionale».
«E’ un paradosso che non sta in piedi, perché andando a navigare su altre bandiere, le navi si libereranno dai lacci del nostro sistema Paese che ha tante eccellenze ma anche tante difficoltà» – elenca pertanto Sisto, in primo piano il sistema burocratico che imbriglia l’armamento con il tricolore a poppa: «Il nostro è un Paese dove i certificati si fanno ancora fisici e non vengono delegati agli organismi riconosciuti» e ancora – un Paese dove la fideiussione bancaria, pari al valore della nave, è necessaria non solo per vendere la nave all’estero ma anche per locarla a scafo nudo». Non in ultimo Sisto fa riferimento alla burocrazia dell’impianto normativo rappresentato dal Codice della navigazione: «nato nel 1942, oggi un maratoneta eccellente ma di 80 anni e, al quale chiediamo di correre i 100 metri della globalizzazione. E’ impossibile, non potrà mai vincere contro l’aggressività e la libertà di Malta, Madeira, Limassol».
Guardando al passato ricorda che a metà anni novanta la Confederazione degli armatori italiani aveva preannunciato alla politica, all’allora ministro dei trasporti e della navigazione, che la flotta nazionale italiana era destinata a sparire dai mercati internazionali. Poichè i liberi mercati internazionali «possono scegliere registri e bandiere che sono di convenienza “flags of convenience”, dove c’è libertà assoluta di scelta degli equipaggi, con contratti internazionalizzati con un costo del lavoro che non ha nulla a che vedere con quello nazionale».
Al tempo pertanto la scelta responsabile di Confitarma fu quella di diminuire l’occupazione del personale sulle singole navi, ma aumentando la flotta, «una scommessa che fu vinta perché abbiamo triplicato la nostra flotta, erano 7 milioni di tonnellate e abbiamo raggiunto 19 milioni di tonnellate di stazza lorda. Con più 140% di occupazione, sulle nostra navi, oggi abbiamo più marittimi italiani, europei, e anche marittimi extra comunitari e su ogni nave oggi abbiamo almeno due allievi che diventeranno ufficiali».
Formazione, la sfida più importante
Altra sfida centrale per l’armamento italiano è la formazione, con il lavoro svolto dall’Accademia italiana della Marina Mercantile, a Genova, la cui nascita fu voluta fortemente da Confitarma insieme al pubblico. Ma anche le successivele Fondazioni ITS Caboto e ITS Catania, istituzioni dedicate alla formazione delle professioni marittime che creano occupazione pari quasi al 100% per i ragazzi e le ragazze che scelgono questa carriere.
«La formazione è una sfida importante sia per l’impresa armatoriale che per i marittimi, mettendo al centro le competenze» – conclude Sisto – «che sono funzionali alla formazione della marittimità del Paese. Nel processo continuo di demarittimizzazione della nazione, mi piace rivendicare la marittimità del mio Paese anche attraverso la formazione della gente di mare».