Greta Tellarini, professore di Diritto della Navigazione dell’Università di Bologna, Socia WISTA Italy, interviene sul tema della differenza di genere nel settore dello shipping – Gap occupazionale e retributivo. (VIDEO)
di Lucia Nappi
GENOVA – «Su 1 milione e 200 mila marittimi in attività a livello globale, le donne rappresentano solo il 2%». Numeri molto allarmanti se si considera che di questo 2% più del 90% sono impiegate nel settore crocieristico. «I dati fanno capire come il settore dello shipping, tradizionalmente di dominio del genere maschile, ancora oggi faccia fatica a dare accesso alle donne”. Questo è quanto ha spiegato Greta Tellarini, professore di Diritto della Navigazione dell’Università di Bologna, Socia WISTA Italy, intervenendo alla Conferenza “Fattori competitivi 2.0” a Genova nell’ambito del Port&Shipping Tech – Genoa Shipping Week e poi a margine dell’incontro.
Wista Italy, Associazione nazionale che riunisce le professioniste dello shipping, quest’anno festeggia i 25 anni promuovendo delle iniziative a partire dal settembre prossimo fino alla fine dell’anno.
Quindi donne solo il 2% dei marittimi di tutto il mondo: i dati provengono da uno studio IMO, International Maritime Organization, che pone l’accento sul problema che la comunità internazionale marittima sta affrontando in questi ultimi anni: il ruolo delle donne nello shipping, come fattore competitivo di sviluppo ed imperativo etico. A tal fine “Empowering women in the maritime community” è il tema scelto dall’IMO per il World Maritime Day 2019, celebrato il 26 settembre. In questi anni inoltre le Istituzioni internazionali stanno dedicando al fenomeno del gender gap maggiori attenzioni: l’ONU ha creato una entità dedicata alla parificazione delle attività uomo-donna, e l’UE è intervenuta con una direttiva del 2006 per promuovere la parità di genere in ogni settore, sia a livello occupazionale che retributivo.
Nel settore marittimo la parità di genere assume significativa criticità e come problema globale a livello sia occupazionale “gap employment gender”, sia retributivo “gap pay gender”: «Due elementi della stessa medaglia, – spiega Tellarini– «perchè le donne hanno maggiore difficoltà ad immettersi nel mondo lavoro per una serie di fattori: dalla famiglia, al fatto che tendenzialmente hanno delle lacune nelle così dette “materie stem” cioè quelle scentifiche-tecnologiche che sono quelle più classiche del settore dei trasporti e dello shipping» – «le donne hanno problemi a raggiungere i vertici delle aziende sia private che pubbliche, probabilmente per un fattore culturale, la leadership ancora oggi è dominio prettamente maschile».
Difficoltà di accessoo ai livelli managerali e di vertice aziendale che spiega le retribuzioni più basse delle donne rispetto agli uomini (gap di gender retributivo). Al quale si aggiunge il minore accesso delle donne ai settori tecnologici ed informatici, anche questo fattore che concorre a determinare un grado di retribuzione inferiore.
Allora che fare? La strada da perseguire conclude la rappresentante di WISTA: «è mirare ad avere maggiore trasparenza del settore retributivo per la possibilità di aggredire e intervenire su questo fenomeno, che va ad incidere molto sulla parità uomo-donna del settore occupazionale».