LIVORNO– Cluster portuale labronico al gran completo per la presentazione del nuovo libro di Sergio Bologna “Tempesta perfetta sui mari. Il crack della finanza navale”. L’evento, organizzato dall’Autorità di Sistema Portuale del Mare Tirreno Settentrionale e moderata dal presidente Stefano Corsini, ha visto gli interventi, oltre che dell’autore, di Marco Filippi (senatore PD), Mario Sommariva (segretario generale AdSP Mare Adriatico Orientale), Vittorio Alberto Torbianelli (Università di Trieste), Francesco Di Majo (presidente della AdSP Mar Tirreno Centro Settentrionale) e di Giulia Costagli (Centro Studi e Progetti RFI). Le conclusioni sono state affidate al dibattito tra Nereo Marcucci (Confetra) e Massimo Provinciali (segretario generale uscente dell’Autorità Portuale di Livorno).
Il nuovo libro del professor Bologna è un testo critico sulle derive dello shipping internazionale, declinato sui temi della concentrazione, della finanziarizzazione e della sicurezza del lavoro; un processo troppo poco gestito dalle nazioni. Da questi temi è poi scaturito un dibattito tra i relatori sui temi di una governance dei vari processi. «A Livorno torno sempre volentieri» ha esordito Bologna «Ho molti amici e da loro ho imparato molte cose». L’esperto di shipping ha ribadito alla platea come quella che cinque anni fa poteva apparire come una crisi temporanea sia ormai una crisi sistemica caratterizzata da un eccesso di stiva alimentato anche dalla cantieristica del far east che pratica prezzi in spregio alla concorrenza. La crisi del sistema bancario, in particolare quello tedesco, forse troppo generoso nel finanziamento di nuove super carrier tratteggia, nelle parole di Sergio Bologna quello che ha definito un «dark side of the moon, il lato che non vogliamo vedere». E, sul lato oscuro si addensano le conseguenze di troppe situazioni non governate: una diffusa perdita di profitti, politiche di accentramento e un recupero di redditività tramite tagli in termini di sicurezza sul lavoro. Il professore ha ribadito che il suo non è un approccio ideologico, ma la sintesi di una visione all’interno dello shipping tratta dal colloquio e dal confronto con molti operatori. Al riguardo della sicurezza cita infatti una relazione del 6 febbraio scorso alla Uk Chamber of Shipping nella quale si sottolineava come la mortalità tra i marittimi (in senso esteso) fosse 20 volte quella degli altri lavoratori inglesi e comunque 5 volte di più di quelli dell’edilizia.
Il senatore Marco Filippi, membro dell’Ottava Commissione (Lavori pubblici e comunicazioni) si è poi soffermato sul tema delle concessioni: «Siamo già in una dimensione post-portuale, ove le concentrazioni aziendali agiscono per far fronte alle grandi opere necessarie al gigantismo navale» e ha posto una questione politico-portuale: «Le concessioni delle banchine e degli spazi possono disarticolare la forza delle concentrazioni negli scali italiani»?
Mario Sommariva, classe 1957, oggi è segretario generale della AdSP di Trieste, ma nel suo intervento non ha dimenticato il suo trascorso sindacale dagli anni Novanta al Duemila: «Nel porto di Trieste c’è una storica conflittualità che potremmo definire “balcanica”; siamo riusciti a gestirla solo con un’Agenzia per il Lavoro gestita dall’Autorità. Le AdSP devono governare il mercato del lavoro». Questi ha poi ribadito che la stabilità è un valore e che il continuo susseguirsi di opere talvolta può essere una forma di precarietà.
Il tema della regolazione è stato al centro dell’intervento di Vittorio Alberto Torbianelli (Università di Trieste), il quale ha ribadito come tale potere delle AdSp sia un elemento centrale nella governance e nella funzionalità dei porti. Una definizione centrale dei criteri di assegnazione delle opere sarebbe auspicabile e aiuterebbe a dare una rotta alla portualità nazionale.
Proprio sul tema di una visione unitaria è intervenuto Francesco Di Majo: ?«Gli strumenti operativi ci sono e li avremo dalla conferenza nazionale dei presidenti delle Autorità di Sistema nella quale decideremo la pianificazione delle opere più importanti». Il presidente dell’Autorità con sede a Civitavecchia ha ribadito che non esistono solo i contenitori, ma bisogna dare il giusto spazio ad altri asset che caratterizzano i nostri porti: Ro-ro, automotive e short-sea. «La vera urgenza» ha concluso «è l’accesso infrastrutturale dei porti. Due milioni di Teu destinati all’Italia ci passano davanti senza fermarsi in direzione Nord Europa».
Il tema si è quindi spostato sul tema delle ferrovie, mezzo primario per l’inoltro delle merci in una visione di lungo periodo: «Il 70% dei nostri porti sono collegati con le Ferrovie» ha spiegato Giulia Costagli (RFI) «La questione è casomai sul grado di efficienza. Il “door to door” (trasporto nel quale un unico soggetto si assume la responsabilità di far eseguire l’intero ciclo di trasporto dal mittente al ricevitore, ndr) è una modalità ancora da esplorare in Italia. FS, come gruppo ha sviluppato una piattaforma per la catena logistica, in modo da migliorare i corridoi e la competitività del trasporto ferroviario». «Certamente» ha concluso «il dover essere sottoposti agli oneri demaniali per le superfici ferroviarie non aiuta gli investimenti».
La parte finale del convegno è stata dedicata a una riflessione a due tra Nereo Marcucci (in veste Confetra) e Massimo Provinciali. «Già nel 2009 a Contship sostenevamo che l’over-capacity era dietro l’angolo. Oggi assistiamo a un processo di concentrazione che erode le marginalità nei vari passaggi, dai piloti in giù» e poi «Condivido molti aspetti del libro di Bologna, ma non la parte che auspica un ritorno alle vecchie forme organizzative delle Compagnie. Con l’art. 17 io compro la manodopera, con il 16 compro risultato». Per Marcucci non bisogna sottovalutare le ferrovie: «Il traforo sarà pronto prima di molte opere infrastrutturali, col rischio che a beneficiarne siano i tedeschi prima che noi» e non manca uno sbilanciamento a favore di Livorno ai danni di Genova: «Se carichiamo i container sulla via del ferro, tra Livorno, Firenze e dorsale si fa arrivare la merce a Mannheim prima del terzo valico». Una distinzione finale sulle attività: «Bisogna stabilire quali sono i porti a valenza europea e quelli di prossimità. Ci sono merci come le rinfuse secche che non vanno molto oltre i singoli porti mentre certi entusiasmi filo-crocieristici andrebbero valutati nei loro benefici effettivi per i territori».
Massimo Provinciali fa il bilancio della riforma: «La riforma Delrio è un importante punto di arrivo, anche se dal punto di vista amministrativo vi sono diversi punti da risolvere». «Dei tanti ministri che sono passati, i più competenti che ricordo sono Burlando e Treu» e infine: «Dobbiamo riportare lo Stato al centro delle decisioni. Forse presto potremmo finalmente avere un regolamento unico sulle concessioni».
La chiusura dell’incontro ha visto il monito di Sergio Bologna su opere pubbliche e finanza senza controllo: «C’è chi ha definito a ragione il project-financing come una forma di mutuo mascherato, dove a pagare in fondo è sempre il pubblico» e poi «É nella finanza che si trovano le aporie di tutto il sistema». Bologna ricorda alla platea che servono delle regolazioni pubbliche, in particolar modo nel settore del lavoro e delle opere infrastrutturali, altrimenti – se lasciato solo al privato – il sistema è destinato a crollare. «Siamo entrati in una nuova era: il terminalista puro non esiste più ed oggi abbiamo i terminalisti armatori. Lo Stato deve intervenire chiedendo chiarezza e fissando regole».
Molti i rappresentanti del cluster portuale ad assistere alla presentazione. Tra questi: Renzo Conti, Daniele Grifoni, Averardo Grifoni, Enzo Raugei (CPL) Antonio Rognoni e Marco Dalli (Cilp), Luca Becce (TDT), Fiorenzo Milani, Angelo Roma, Massimo Ricasoli (Dogane), Francesca Marcucci (Logistic Training Academy), Vladimiro Mannocci, Maria Gloria Giani Pollastrini (Propeller Club), Yari De Filicaia e Alessio Ciampini (PD).
G.F.