Sono 354 le portacontainer che alla data del 7 gennaio sono state reindirizzate sulla rotta del Capo di Buona Speranza a causa della crisi del Mar Rosso. Ovvero l’80% di tutte le navi portacontainer che si spostano tra i bacini Atlantico/Mediterraneo e dell’Oceano Indiano, per un totale di 4,65 milioni di teu, pari al 16,4% del volume globale flotta. Un numero che è destinato a crescere.
E’ quanto riportato da Linerlytica specificando che tra i maggiori carrier globali continua ad utilizzare il Canale di Suez solo la frrancese CMA CGM ed altre poche altre compagnie di nicchia che operano nei mercati dell’Asia, del Mediterraneo orientale e del Baltico. Alcuni vettori avrebbero negoziato con le milizie Houthi per poter passare in sicurezza attraverso lo stretto di Bab al-Mandeb.
Da notare che il 2 gennaio scorso la portacontainer CMA CGM Tage è stata attaccata dai missili Houthi nello stretto di Bab al-Mandeb, la parte meridionale del Mar Rosso dove si focalizzano le milizie yemenite, attacco rivendicato dagli stessi il 4 gennaio successivo.
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“Queste deviazioni si tradurranno in un deficit di capacità previsto fino al 40% per le partenze dall’Asia verso l’Europa e la costa orientale degli Stati Uniti, dalla quarta alla sesta settimana, con tariffe di trasporto previste in ulteriore aumento nelle prossime settimane”, ha reso noto Linerlytica.
Lo Shanghai Containerized Freight Index (SCFI) – l’indice più utilizzato per le tariffe del trasporto marittimo di importazione dalla Cina – è già aumentato del 97% dall’inizio di dicembre, con spazio per ulteriori aumenti nelle prossime settimane.
Inoltre, i ritardi hanno influito anche sulla disponibilità dell’equipment di ritorno in Asia, con la produzione di nuovi contenitori in forte aumento da dicembre, mentre i prezzi delle nuove attrezzature sono aumentati di oltre il 20% nell’ultimo mese, secondo Linerlytica, l’unico sollievo potrà venire dalle consegne delle nuove navi ordinate negli anni scorsi ai cantieri.
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