Messina, Assarmatori: “Il 40% delle navi di armatori italiani ha cambiato bandiera”

Messina, presidente Assarmatori: "Le nuove navi non é scontato che le metteremo in bandiera italiana, perchè ci sono bandiere europee più competitive".
Stefano Messina

ROMA – Oltre il 40% di navi armate da armatori italiani ha cambiato bandiera e il fenomeno continua a crescere, solo tra il 2021 e il 2022 è aumentato del 10%.

Questo è il monito con cui il presidente di Assarmatori, Stefano Messina, ha aperto, stamani a Roma nella cornice pariolina dell’Hotel Parco dei Principi, l’assemblea pubblica dell’associazione che rappresenta gli armatori italiani, dell’Unione Europea e dei paesi terzi che operano in Italia servizi marittimi regolari di linea. Associazione aderente a Confcommercio – Conftrasporto.
“Lo dicono chiaramente i dati dell’Unctad riferiti al 2022 e alle navi con stazza lorda superiore alle 1.000 tonnellate” – ha ribadito il presidente Messina -“L’interesse di noi armatori italiani che battiamo bandiera estera non è più la bandiera di comodo, ma è la bandiera europea che fa sì che alcune compagnie abbiano trovato una collocazione più agevole e flessibile. Non è solo una questione di costi e tassazione.

Noi siamo contro all’abbandono della bandiera italiana perchè vuole dire perdere un pezzo di territorialità del nostro Paese. Ma il mantenimento della bandiera non può essere solo affidata alla resilienza di noi armatori.
Quando sarà introdotta nel nostro ordinamento, – ribadisce – ciò che l’Europa ci chiede dal 2017, l’estensione dei benefici previsti dalla normativa sul Registro Internazionale, sará difficile trattenere, noi stessi, gli armatori sulla bandiera italiana.

Burocrazia
“Noi oggi chiediamo al governo di portare avanti il disegno di legge Malan e la rapida approvazione del testo da parte del parlamento”

Si tratta del disegno di legge: “Modifiche al codice della navigazione e altre disposizioni in materia di ordinamento amministrativo della navigazione e del lavoro marittimo”. Fra le principali novità contenute la semplificazione di norme ormai obsolete, non più in grado di garantire la competitività dell’industria marittima e armatoriale nello specifico. In primo piano la digitalizzazione di buona parte della documentazione che sino ad ora deve essere custodita, in formato cartaceo, a bordo della nave, ovvero i libri di bordo; Ma anche il tema del lavoro marittimo.

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A margine dell’evento chiediamo a Messina di approfondire l’argomento : (Video)

Presidente quali sono le dimensioni del fenomeno del flagging out?

“In valore assoluto, sono circa il 40% le navi facenti capo ad armatori italiani, che sono non di bandiera italiana. Il numero sta aumentando e dal 2021 al 2022 è aumentato del 10%, un numero ampio”.

Quali sono le cause?
“Non é solo una competition tra bandiere europee ma c’é anche il fenomeno di vendita e dismissione di navi. Il ragionamento è di business, nel 2022 il mercato è salito, con grandissimi rialzi. Molti armatori italiani sono ancora operanti nel settore liquido, hanno potuto realizzare vendite all’estero e questo porta ad una perdita di tonnellaggio per l’Italia. Noi stessi abbiamo venduto, come altri armatori, abbiamo ritenuto di cogliere delle opportunità. Quindi c’è stata una diminuzione di tonnellaggio per il Paese in un ottica di un rafforzamento patrimoniale e finanziario delle proprie aziende per tornare ad investire e ricomprare. È quello che noi stiamo facendo come Messina.

Siamo fedeli alla bandiera italiana, ma in questo momento stiamo valutando e le nuove navi non é scontato che le metteremo in bandiera italiana, perchè ci sono bandiere europee competitive’.

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