NAPOLI- Impatto delle nuove tecnologie, mutati contesti geoeconomici, difficoltà a intepretare il cambiamento e a proporre soluzioni adeguate alle sfide, a partire da quella ambientale. La X edizione di Shipping and The Law, appuntamento internazionale organizzato a Napoli dall’avvocato marittimista (ed ex presidente dell’Ap partenopea) Francesco Saverio Lauro, restituisce un’accurata “analisi di contesto” partendo dallo “shock of the new”, il contraccolpo generato dai cambiamenti radicali, discutendo degli innumerevoli fattori, diretti e indiretti, che determineranno il futuro dello shipping.
Le sfide di medio-lungo termine del settore riguarderanno innanzitutto un mondo riplasmato dalla tecnologia e da una “storia che ha cominciato a correre”. Ne è convinto il vice presidente dell’Istituto Affari Internazionali, già Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Vincenzo Camporini, secondo cui è diventato sempre più difficile prevedere le evoluzione degli scenari politico-economici. “La società non è più capace di adattarsi alla crescita delle aspettative a livello globale “. Dai fenomeni migratori ai dislivelli di ricchezza, fino alla destabilizzazione del quadro politico internazionale assistiamo a “cambiamenti radicali cui non siamo in grado di dare risposte”. Anche lo shipping sarà investito da questa criticità e la soluzione, di fronte all’emergere di una nuova multipolarità a guida sino-americana, consiterà in una maggiore integrazione a livello europeo. “Le grandi aziende si avviano a controllare i mercati: bisogna federarsi per difendere i propri settori industriali”.
Di quarta rivoluzione della propulsione ha parlato invece il presidente di ICS (International Chamber of Shipping) Esben Poulsson. “Le tecnologie di connessione individuale avranno ricadute pesanti sul mondo del lavoro. Si tratta di cambiare i modelli produttivi”. Per gli armatori si tratterà di affrontare sfide più complicate. I cambiamenti imposti dall’IMO sulla composizione dei carburanti è solo l’inizio. Il comparto sarà chiamato a interloquire anche con altri attori come l’Ue e le Nazioni Unite. Quest’ultima ha lanciato recentemente una proposta per la protezione degli oceani oltre le acque internazionali. “La nostra industria è pronta ma abbiamo bisogno di garanzie sull’uso dei nuovi strumenti regolativi”.
Sulle conseguenze dirette delle tensioni geopolitiche si è concentrato Claes Berglund, presidente dell’associazione europea degli armatori, denunciando i recenti episodi di sequestro e danneggiamento del naviglio, in particolare nello Stretto di Hormutz. “E’ aumentato il numero degli stati che fanno pressione sul settore dello shipping per motivi politici, senza tenere conto degli accordi internazionali. L’Ue è chiamata a far rispettare le leggi del mare”. Ampio spazio anche alla crescente pressione dell’opinione pubblica sulle questioni ambientali. “Su come velocizzare la transizione la nuova Commissione europea dovrà dettare una nuova agenda”.
Sugli obiettivi 2050 per le emissioni navali ha parlato il presidente di Confitarma Mario Mattioli, sottolineando gli effetti positivi sulla flotta ottenuti con l’applicazioni ormai ventennale del Registro Marittimo Internazionale. “I tempi dell’economia globale sono veloci e differenti da quelli della decisione politica. Il fattore tempo è fondamentale: può aprire finestre di opportunità o innescare una nuova crisi”. Da qui l’invito all’apertura di un dialogo approfondito tra industria e istituzioni, puntando anche a una ricomposizione delle divisioni in tema di rappresentanza industriale. “Nei prossimi anni bisognerà investire nella formazione: serve una nuova generazione di personale sia a terra sia a bordo”. Spazio anche al rapporto armatori – finanza, al centro di un panel dedicato (“the shock of the new in ship financa): “sul tema gli armatori hanno rivisto le proprie strategie”. “E’ giunto il momento di risolvere le criticità con nuovi strumenti e nuove regole”.
Argomento delicato, quello dell’accesso alle risorse finanziarie, che ha messo in discussione in questi anni la tradizionale concentrazione in un’unica figura delle funzioni di proprietà, governance e imprenditorialità delle compagnie marittime. Il progressivo ritirarsi delle banche e l’ingresso dei fondi ha fatto emergere non poche criticità. “La convivenza tra la specificità operativa dello shipping e le procedure dei fondi d’investimento non è semplice,” sottolinea l’armatore Giuseppe Bottiglieri. “La velocità con cui circola l’informazione ha modificato profondamento il nostro modo di operare e alimenta una situazioni in cui ad essere favorito è principlamente il noleggiatore”.
Conseguenze di un “busineses che è diventato a bassa marginalità”. “E’ cambiato il modello industriale,” avverte Fabrizio Vettosi, Ceo di Venice Shipping and Logistic. “I cicli economici si sono accorciati e sono diventati tendenzialmente meno remunerativi. La tecnologia ha reso complessivamente più complicata la gestione dell’asset nave, senza contare le conseguenze economiche dell’introduzione delle normative internazionali”. Continua, Vettosi: “La remuneratività nel settore dry bulk è scesa dal 7% al 4,40% per il solo effetto delle normative sul tenore di zolfo e sulle ballast water. In un constesto in cui la concentrazione tipica del settore container comincia a emergere anche in altre specializzazioni è arrivato il momento di far dialogare competenze finanziarie e tecniche”.
Giovanni Grande